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Stadio Flaminio, parla l’architetto Cefarelli: “Questo può essere il vincolo più importante”



Intervenuto su Radio Laziale, l’architetto Riccardo Cefarelli, avrebbe parlato dello Stadio Flaminio, che la Lazio vorrebbe trasformare in uno stadio di proprietà. Lotito vuole portare a termine il suo progetto. Per entrare maggiormente nel dettaglio, l’architetto ha parlato di vincoli, aspetti tecnici, e difficoltà burocratiche:

I maggiori problemi nell’edificazione di uno stadio? Noi affrontiamo giornalmente diverse criticità. La burocrazia italiana e le normative molto vecchie, non allineate con le tendenze dei nuovi stadi, non aiutano. Il periodo post Covid ha poi complicato ulteriormente lo scenario da un punto di vista economico”. 

Meglio costruire ex novo o ristrutturare?

Ci sono due punti di vista. Operare da zero su un lotto vuoto è più conveniente perché si può ideare uno stadio ad hoc, anche con attività collaterali fondamentali per sostenere l’investimento, ma anche per unire i servizi nello stadio. Facendo come esempio il caso di Bologna, però, l’unione tra vecchio e nuovo creerà qualcosa di unico al mondo. Ristrutturare da una parte è più complesso, dall’altra però dà più soddisfazione. A volte salvaguardare e recuperare strutture sarebbe importante per evitarne il tracollo”. 

Quali parti della struttura sono un ostacolo?

Il Flaminio è un caso unico al mondo. Sono contro la monumentalizzazione forzata, perché in Italia abbiamo tanti monumenti, ma questo stadio è davvero un’opera d’arte. Il vincolo più importante possono essere gli impalcati verticali e strutturali che reggono il catino e il catino stesso. Infatti credo che verrà sovrapposto un catino leggero, su quello creato da Nervi”. 

Roma si doterà mai realisticamente di uno stadio visti i problemi della città?

Io credo che una città come Roma deve avere l’ambizione di avere nuovi stadi per il calcio. L’Olimpico è un grande impianto non adatto a questo sport. Se c’è la volontà politica, c’è l’economia e ci sono aree adatte, come a Pietralata, si creano buone possibilità. Troppo spesso la creazione di questi stadi si lega ai risultati sportivi, questa è una tendenza del nostro Paese. Le società italiane devono avere l’ambizione di andare avanti, ma esiste una legge ad hoc che va sicuramente attualizzata, ma c’è. Il problema vero è rientrare sempre delle spese, dev’essere sostenibile”. 

Quali sono le proporzioni da rispettare in uno stadio come il Flaminio? 

Per quanto riguarda le distanze minime di sicurezza viene regolato dalla normativa, vecchia, dei vigili del fuoco. Gli stadi si sono ammodernati e con loro la tendenza di progettarli, mentre la normativa resta quella di anni ’90/2000. Resta l’obbligo di un metro quadro ogni spettatore per l’area prima del tornello. Poi c’è quella di prefiltraggio che viene ricavata dalle strade stesse. Nel caso del Flaminio ci sarà sicuramente quella dell’area di servizio, mentre il prefiltraggio va ricavato in un perimetro ancora più esterno. Ci sono casi come Udine e Bergamo che è quello dei tornelli in facciata che permette di eliminare un grado di cancelli” – sui parcheggi invece – “La situazione è più complicata. Non c’è una normativa precisa. Ci sono degli studi preliminari che indirizzano il progettista sulla capacità che devono avere gli spazi per i parcheggi. I servizi intorno allo stadio aiutano a rendere più fluida la situazione intorno all’impianto”. 

Quante possibilità dà alla Lazio? 

“Non mi permetto di dare percentuale perché non è un progetto nostro. Me lo auguro anche se non lo facciamo noi. Io sono sempre stato affascinato dallo stadio di Eindhoven, uno dei primi esempi di stadi moderni in Europa ed ha fatto scuola”.

Ci spiega la normativa Nervi?

“Onestamente non so di preciso che tipo normativa sia, il vincolo è legato alla gestione che la famiglia Nervi ha sulle infrastrutture sulla progettualità e le architetture di Pierluigi Nervi. Anche il Flaminio sarà un caso scuola. Dimostrerà che può essere salvaguardata e salvata un’opera d’arte che è in disuso e ridotta in quel modo. Spero che dia una sterzata agli stadi vincolati in Italia”. 

La copertura? 

“Non c’è una normativa che la imponga, nemmeno Uefa. Ma da progettista è un obbligo nei confronti dei veri protagonisti che sono gli spettatori e il loro comfort”.


di Vincenzo Catalano Rossi Danielli

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