Strakosha nella Capitale, ma sulla sponda giallorossa? La circostanza avrebbe potuto avere luogo, ma poi per fortuna non si è verificata. A confessarlo è lo stesso numero uno albanese, in una lunga intervista rilasciata a ‘sport24.gr’. In cui ripercorre le tappe del suo sbarco in Italia: “Sono partito a 16 anni e mezzo. Le cose in Grecia non andavano bene, per cui volevo andare a giocare all’estero. Non pensavo di farlo così presto, ma è stata la cosa più importante della mia vita. Sono maturato e ho imparato a cavarmela da solo in un ambiente sconosciuto“.
“L’età lo ha reso più difficile – prosegue – ma pensavo a come aiutare la mia famiglia a non avere più problemi. Era quello il mio obiettivo principale e mi ha motivato e spinto ad andare avanti, senza pensare ad un fallimento“. Poi lo sbarco alla Lazio, anche se “c’era la possibilità di andare alla Roma“. Un incontro però lo ‘salvò’ dall’approdo a Trigoria: “Dopo aver conosciuto il preparatore dei portieri della Lazio Grigioni, decisi di trasferirmi solo lì. Anche se, economicamente, la Roma era migliore anche per la mia famiglia”
“Grigioni però – continua – mi ha sempre accompagnato e mi ha fatto capire che con lui al fianco sarei potuto arrivare dove volevo“. Memorabile l’esordio, contro il Milan: “L’ho scoperto all’ultimo, quindi non ho avuto tempo di preoccuparmi. Un giornalista lo ha rivelato a mio padre, che mi ha chiamato, ma io non ne sapevo nulla. Poi, 3-4 ore prima della partita, me l’ha confermato il compagno con cui ero in stanza. Lì ho iniziato a comporre il puzzle, visto anche il primo portiere, Marchetti, era dolorante. Io però non ci avevo fatto caso, perché ero il terzo“.
“Ma poco prima della partita – prosegue – Inzaghi mi disse di tenermi pronto. E infine Marchetti mi mandò un messaggio dicendomi che avrei giocato. Dentro avevo tanta adrenalina e eccitazione. Pensavo che era arrivata la mia occasione e che dovevo dimostrare. Alla fine è andato tutto bene, sono stato anche l’MVP della gara“. Tutto merito di Inzaghi: “Mi voleva molto bene. È un allenatore molto reattivo all’intervallo e toglie stress alla squadra. Sa quando scherzare e quando essere serio e ciò ha aiutato il club ad andare avanti e a ottenere certi risultati“.
“Molti giovani come me – aggiunge – hanno esordito con lui e oggi sono giocatori affermati“. Infine l’addio e lo sbarco in Premier: “Era il mio sogno giocarci. Per questo ho detto no alle offerte da altri campionati. Pensavo che fosse arrivata l’età giusta per giocare in Inghilterra. Ho ritenuto poi il Brentford il club giusto per me. Dopo dieci anni alla Lazio, non volevo fare un passo troppo grande, ma integrarmi e sistemarmi. Ciò perché il campionato italiano ha tanta differenza da quello inglese“.