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’ex Lazio, Maurizio Schillaci, cugino di Totò intervistato a Palermo dal Corriere della Sera ha raccontato la sua vita traumatica e l’odio verso il pallone.
LAZIO – LE PAROLE DI MAURIZIO SCHILLACI
“Tutto è iniziato dopo le prime presenze nella Capitale, i medici sociali mi hanno rovinato. Secondo loro ero un malato immaginario, un siciliano senza carattere. Questo, dopo tanti anni, ancora non mi va giù. Dicevano che non avevo voglia di giocare, la realtà è che avevo lo scafoide del piede destro lesionato e in necrosi. Per un anno ho continuato a dire che stavo male, ma nessuno mi credeva. Alla fine per farmi fare finalmente una stratigrafia ho dovuto attendere il mio successivo trasferimento al Messina, in Serie B. Ossia quando il treno giusto era ormai passato. Finché giochi tutti ti amano, ma quando smetti ti ritrovi da solo. È il vuoto. Un vuoto che ho riempito rifugiandomi nella droga. Eroina, soprattutto. L’inizio di una spirale negativa che mi ha poi portato a vivere da senzatetto , chiedendo l’elemosina per le vie del centro. Negli ultimi tempi la situazione è leggermente migliorata, mentre prima dormivo all’interno di una Panda trovata aperta a bordo strada, oggi un conoscente mi ha concesso l’utilizzo di un piccolo appartamento in cambio di un affitto poco più che simbolico. Di un lavoro che mi garantirebbe stabilità economica, però, nemmeno l’ombra“.
NAZIONALE E LAZIO RAPPORTO DIFFICILE – IMMOBILE NON E’ IL PRIMO