A pochi giorni dall’anniversario della morte, Cristiano Sandri ricorda Gabbo. E si rivolge anche all’agente che lo ha assassinato.
Cristiano Sandri ricorda Gabbo. Quel fratello perduto troppo presto ma che ogni giorno rivede negli occhi di suo figlio, che ha voluto chiamare proprio Gabriele: “Ha 12 anni e sa perfettamente cos’è successo – racconta a Il Messaggero – Da piccolo invece gli avevo detto che lo zio non c’era più per una vicenda grave. Però, ogni volta che pronunciava il suo nome, veniva fatto oggetto di commenti poco delicati. Lui ci restava male, ma d’altronde non poteva non chiamarsi Gabriele“. Non solo il nome: il bambino da Gabbo ha ereditato anche la fede biancoceleste. E per Cristiano i rimpianti non mancano: “Forse se non gli avessi trasmesso la passione per la curva e le trasferte, oggi mio fratello sarebbe ancora qui, a ridere con me“.
Infine, qualche parola anche su Luigi Spaccarotella, l’agente a cui la morte di Gabbo è costata 9 anni e 4 mesi di reclusione con l’accusa di omicidio volontario con eventuale dolo. Da lui, in questi anni, la famiglia Sandri non ha ricevuto però alcun cenno nè di scuse nè di contatto: “Delle scuse comunque non ce ne saremmo fatti niente – spiega Cristiano – perchè non avrebbero riportato in vita Gabriele. Una domanda però vorrei fargliela. Ma come ti è venuto in mente?“. E qui forse la risposta non arriverà mai, anche perchè probabilmente non esiste.