Lazio – La vittoria in extremis sul Parma ha confermato il carattere dei biancocelesti, portando però alla luce diverse lacune
Nella serata di ieri, all’Olimpico, la Lazio si è imposta per 1-0 sul Parma grazie alla 150esima rete in biancoceleste di Ciro Immobile. La gara contro i gialloblu, però, ha portato alla luce le diverse lacune che, da qualche anno a questa parte, caratterizzano le stagioni della squadra.
I
nsomma, un esercito che sa quello che deve fare, guidato da un condottiero con idee valide e concrete, che si destreggia sul campo con coraggio e sprezzo del pericolo. Un esercito, però, che nel momento decisivo, quello che può valere la vittoria della guerra, si scioglie.
Il quarto posto dista al momento 6 punti, virtualmente 3 in caso di successo nel recupero contro il Torino, successo che però, al netto del massimo dei punti da totalizzare da qui alla fine, potrebbe non bastare.
La concorrenza è spietata e la Serie A sta gradualmente tornando (seppure la cima sia ancora lontana) ai livelli di qualità che negli anni l’hanno resa il campionato più affascinante e competitivo al mondo. La Lazio negli anni ha dimostrato di sapersi tirare fuori dai guai nei momenti difficili, come testimoniato dalla straordinaria rimonta realizzata quest’anno in ottica Champions.
LA PAURA DEL SALTO
Quando però la situazione inizia a entrare nel circuito del “sotto controllo”, qualcosa inizia a mancare. La paura di vincere, di compiere il salto decisivo, di realizzare il fatto che si stia compiendo un’impresa talvolta possono condizionare la lucidità da trasferire sul campo.
A questi fattori, probabilmente, può essere riconducibile il k.o. contro la Fiorentina, al netto di una grande prestazione dei viola, motivati nell’ottica della salvezza. Le sconfitte fanno parte del gioco ma è doveroso che la mentalità la faccia da padrona, rivelandosi più forte di ogni pensiero negativo e di qualsiasi aspetto sia avulso dall’obiettivo.
La partita di ieri ha mostrato voglia di fare e di mettersi in gioco, ma anche fragilità, rassegnazione e paura di non essere all’altezza. Concetti, questi, che non possono far parte di una società gloriosa, di una squadra che negli ultimi anni si è eretta a vera anti Juve nell’ambito dei trofei vinti.
La realtà vede la squadra di Simone Inzaghi come una compagine capace di giocarsela con tutti a viso aperto e, in questo senso, il campo asseconda spesso tale concetto. Campo e realtà, però, non sempre vanno di pari passo: se da un lato c’è una squadra che sa quello che deve fare, dall’altro si evince una condizione che sa di incompiuto, di irrealizzato.
Il classico “ci siamo andati vicini ma…” è un concetto estremamente arcaico con alcuni punti trasferibili nell’attualità, nel caso della Lazio mai così attuale.
SIMONE INZAGHI
Il tecnico piacentino è il condottiero dell’esercito biancoceleste, un condottiero che veste pienamente i panni del leader, uno di quelli che sarebbe disposto a sacrificarsi in ogni momento per il bene dei suoi uomini.
I passi falsi della Lazio, probabilmente, possono ricondursi in parte a scelte sbagliate dell’allenatore, ma il coraggio, la dedizione e la meticolosità sono valori che non possono passare inosservati.
La sensazione, senza addentrarsi in dinamiche di mercato, è che alla squadra manchi sempre quel qualcosa in più per entrare definitivamente nel circuito delle grandi: circuito del quale, a livello di blasone e di storia, la Lazio fa decisamente parte.
Urge unità di intenti, urge consapevolezza dei propri mezzi e urge un progetto chiaro. I biancocelesti rappresentano un tassello importante del calcio italiano, un tassello senza il quale il puzzle resta incompiuto. Sta proprio al club, però, concretizzare il peso di questo tassello per renderlo pienamente all’altezza e a misura di quello che, al giorno d’oggi, viene definito top level.