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LA NOSTRA STORIA – Il “Mancio”: Roberto Mancini tra classe ed eleganza

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Classe ed eleganza: il marchio di fabbrica, da sempre, di Roberto Mancini. Che sia seduto su una panchina, davanti ai microfoni o che si chiuda gli occhi e si immagini di vederlo ancora illuminare con il numero 10 sulle spalle il marchio c’è sempre.

Roberto Mancini nasce a Jesi il 27 novembre 1964. Cinquantaquattro primavere. Tutte vissute da protagonista, in campo prima e in panchina poi. Uno di quei personaggi che nobilita il calcio italiano. Inghilterra prima e Turchia poi lo hanno visto trionfare sulle panchine di Manchester City e Galatasaray. Quando la carta d’identità segnava qualche anno di meno invece ha fatto strabiliare i tifosi di Bologna, Sampdoria e Lazio.

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N

ella capitale fu l’acquisto che probabilmente cambiò una volta per tutte le ambizioni della squadra. Uno dei più grandi giocatori che abbia mai indossato la maglia biancoceleste. Gol ed assist, giocate individuali e visione di gioco come poche se ne sono viste in Italia. E tacchi… si tacchi. Come dimenticare quel gol al Tardini, dove da calcio d’angolo anticipa tutti sul primo palo con un colpo di tacco visto e rivisto migliaia di volte ovunque. Uno spot per il calcio. Uno spot per la classe e l’eleganza, appunto. E come scordare poi la banda Mancini? Una squadra che come poche ha incarnato la lazialità sul campo da gioco.

MANCINI ALLENATORE

Ritiratosi dal calcio giocato resta nei quadri della Lazio e il 19 luglio del 2000 diventa allenatore come vice di Eriksson, vincendo subito la Supercoppa Italiana con il tecnico svedese. Dopo un breve ritorno al calcio giocato con il Leicester City a 36 anni viene ingaggiato dalla Fiorentina al posto del turco Fatih Terim. L’incarico suscita polemiche poiché all’epoca il Mancio non era in possesso del patentino di allenatore di prima categoria e soprattutto era già tesserato con la Lazio. A differenza dei calciatori non è permesso a un allenatore cambiare squadra nel corso della medesima stagione. Mancini però era il tecnico in seconda e non il responsabile diretto della formazione biancoceleste. Sostenendo così di non stare violando la norma.

Nonostante il parere contrario dell’Assoallenatori alla fine ottiene il via libera ad assumere l’incarico da parte del commissario straordinario della Federcalcio Gianni Petrucci. Alla Fiorentina riesce a vincere la Coppa Italia, il suo primo trofeo da allenatore. A gennaio 2002 si dimette dopo che alcuni tifosi lo minacciano per scarso impegno. A luglio 2002 torna alla Lazio con un contratto biennale ottenendo buoni risultati nonostante le dimissioni dell’allora presidente Sergio Cragnotti causate da diverse vicissitudini finanziarie, e con l’inserimento dello stesso Mancini nel consiglio di amministrazione della società.

Al suo primo anno arriva quarto in campionato, centrando la zona Champions dopo essere stato in corsa anche per lo scudetto, e arrivando in semifinale sia in Coppa Italia che in Coppa UEFA. L’anno dopo vince la Coppa Italia contro la Juventus. In campionato è sesto dopo una lotta a tre con Inter e Parma per il quarto posto. A luglio 2004 lascia il club capitolino per approdare all’Inter. Dopo il club nerazzurro allena il Manchester City, il Galatasaray, ancora Inter, Zenit San Pietroburgo e infine l’Italia. A maggio 2018 viene infatti nominato commissario tecnico della nazionale Azzurra.

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