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LA NOSTRA STORIA Maurizio Manzini, una vita dedicata alla LAZIO

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Oggi, 25 novembre, in casa biancoceleste si festeggia un avvenimento importante. Ricorre infatti il compleanno della “storia della Lazio“. Di colui che sin dal 1971 prestò le sue prime collaborazioni nella grande famiglia biancoceleste: Maurizio Manzini.

COME NASCE IL MAURIZIO MANZINI LAZIALE

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“Sono l’unico tifoso biancoceleste in una famiglia di romanisti. Mio padre mi por­tò per la prima volta all’Olimpico in occasione di un derby perso. Al termine della partita mi disse: “Maurizio, hai visto, abbiamo vinto”. Io gli risposi: “Papà, mi piacciono quelli con la maglia celeste!”. Diventai laziale così, nonostante la sconfitta. Ero un tifoso accanito. Seguivo la squadra in trasferta. Facevo anche quattordici ore di treno per vedere la mia Lazio. Una volta a Brescia perdemmo male e mi ritrovai con altri cinque tifosi a contestare la squadra. Faceva un freddo pazzesco. Ricordo ancora Trippanera, il massaggiatore della Lazio, che ci lanciò un secchio d’acqua per allontanarci”.

MAURIZIO MANZINI DIRETTORE DELLE VENDITE PER L’ITAVIA

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rande tifoso laziale, prima di entrare nei ranghi biancocelesti era il direttore delle vendite di una compagnia aerea privata. Allora lavorava per l’Itavia, la società che organizzava le trasferte dei biancocelesti. Un giorno si presentò l’occasione di organizzare una trasferta a Bergamo proprio per la Lazio. Da quel giorno divenne molto amico del segretario Fernando Vona e pian piano si conquistò la fiducia della società, legandosi molto con Tommaso Maestrelli. Il tecnico lo invitava sempre più spesso al campo di allenamento. Dopo tanti anni spesi a favore della squadra del cuore fu Giorgio Calleri, nel 1988 a proporgli il posto da Team Manager. Maurizio Manzini in un primo momento rifiutò, per poi accettare qualche mese più tardi. Nei suoi occhi il racconto di mille storie di Lazio, specchio di tante pagine biancocelesti che hanno fatto la storia della società romana. Nelle sue parole l’Amore, con la A maiuscola, mai tradito per la sua squadra del cuore.

L’ARRIVO ALLA LAZIO 

“Lavoravo a Milano in un’altra compagnia aerea ma mi richiamò a Roma l’Itavia. Appena visionai la lista dei clienti vidi che c’era proprio la Lazio. Fu la prima società che contattai. In quei giorni stavano organizzando la trasferta a Bergamo dove volava la mia nuova compagnia, così andai con loro. Tutto andò bene e al ritorno a Roma dopo aver salutato tutti i giocatori Maestrelli mi guardò e mi disse: ‘Allora Manzini martedì ci vediamo al campo’. Da allora iniziò una fruttuosa collaborazione. Cominciai ad andare a Tor di Quinto e iniziai ad aiutare mettendo a posto il magazzino, inventariando i materiali e tanto altro. Nel 1976 diventai dirigente dell’American Express ma il legame con la società biancoceleste stava diventando sempre più unito. Nel 1988 mi chiamò Giorgio Calleri, il tecnico era Gigi Simoni. Mi disse che volevano ristrutturare la società istituendo la figura del team manager, come fatto in precedenza dal Milan con Ramaccioni. Accettai l’offerta rinunciando ­a un posto di lavoro sicuro e di prestigio. Ho sempre pensato che se riesci a trasformare la tua passione in un lavoro sei un uomo fortunato”.

LA PRIMA PARTITA CON LA LAZIO

“Perdemmo ad Empo­li, arbitro Magni. Beccai settecentocinquantamila lire di multa dal giudice sportivo perché i giocatori avevano i tacchetti troppo alti e il team manager doveva essere il garante del regolamento!”.

IL RITIRO PIU’ PARTICOLARE

“Sicuramente l’anno dei meno 9 con Fascetti fu un’annata fantastica. Ricordo ancora che quando arrivammo a Gubbio con il pullman per il ritiro estivo, l’hotel dei Cappuccini era chiuso per restauro. Il proprietario dell’albergo ci aveva dato la fregatura. Per fortuna che grazie anche a Gabriella Grassi, riuscimmo a risolvere la situazione e il ritiro andò bene comunque”.

IL DERBY PIU’ SIMPATICO

“1-0, gol di Signori. Nel finale per la tensione scambiai una punizione per il fischio finale e corsi in campo per festeggiare. Poi rendendomi conto che la partita non era ancora conclusa sono uscito dal campo facendo finta di niente. Mazzone, in panchina, mi guarda e fa: ‘Ah Manzì, ma ’ndo * vai???'”.

I GIOCATORI PIU’ AMATI

“Sono stati tanti. Da ragazzo Bob Lovati e Nello Governato. Poi Chinaglia, dopo di lui Signori, Marchegiani, Peruzzi, ma farei un torto agli altri non citandoli. Ma nessuno si offenderà se più di tutti ricordo Mario Frustalupi. D’estate, quando la moglie restava al mare a Genova, mi chiedeva di andare a dormire a casa sua. Non ce la faceva a restare solo. Eravamo legatissimi. E poi Paul Gazza Gascoigne. Avevo appena comprato una Lancia The­ma, un giorno me la rubò a Tor di Quinto riuscendo a nasconderla in palestra. La porta era strettissima, appena solo due metri. Ancora devo capire come avesse fatto. Io impiegai più di un’ora per tirarla fuori senza uno sgraffio!”.

GLI ALLENATORI DELLA LAZIO

“Tutti grandi allenatori. Mi sono trovato bene con tutti e da tutti ho imparato sempre qualcosa. Ricordo con molto piacere Fascetti, Zoff, Eriksson, Mancini, Delio Rossi e Zeman. Anche con quest’ultimo ebbi un bel rapporto tanto che, quando passò alla Roma, in società mi fecero uno scherzo. Venni convocato in sede dalla figlia di Cragnotti, Elisabetta, che mi disse che il presidente romanista aveva contattato il padre per portarmi in giallorosso. Ascoltai la proposta, tra l’altro molto allettante, ringraziai e rifiutai dicendo di sentirmi solo laziale. Solo a quel punto De Mita e Cellini entrarono nella stanza spiegandomi che era stato solo uno scherzo. Ma io non ci avrei pensato neanche per scherzo a una cosa del genere”.

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