L’ex campione della Lazio si racconta tra gioie e dolori: “La malattia mi ha reso un uomo migliore”
Sinisa Mihajlovic si racconta nelle pagine de “La partita della vita“, un’ autobiografia scritta con Andrea Di Caro, vicedirettore della Gazzetta. Un libro intenso, intimo, dove l’ex calciatore e attuale allenatore del Bologna si racconta senza veli. Dall’infanzia difficile in Jugoslavia agli esordi calcistici fino alla terribile scoperta del 2019, anno in cui gli viene diagnosticata una forma di leucemia. A tal proposito scrive: “Ammalarsi non è una colpa. Succede, e basta. Ti cade il mondo addosso. Cerchi di reagire. Ognuno lo fa a suo modo. La verità è che non sono un eroe, e neppure Superman. Sono uno che quando parlava così, si faceva coraggio. Perché aveva paura, e piangeva, e si chiedeva perché, e implorava aiuto a Dio, come tutti. Pensavo solo a darmi forza nell’unico modo che conosco. Combatti, non mollare mai. E chi non ce la fa? Non è certo un perdente. Non è una sconfitta, è una maledetta malattia”. Il Mihajlovic che trapela dalla pagine è un uomo sicuro di sé, sereno e cosciente di quello che la vita può dare e togliere. “Mi godo ogni momento. Prima non lo facevo, davo tutto per scontato. Conta la salute, contano gli affetti. Nient’altro. La malattia mi ha reso un uomo migliore”, ha scritto. E ne approfitta per anche lanciare un messaggio di forza e speranza a chi è malato: “Non ci si deve vergognare della malattia. Bisogna mostrarsi per quel che si è. Volevo dire a tutte le persone nel mio stato, ai malati che ho conosciuto in ospedale di non abbattersi, di provare a vivere una vita normale, fossero anche i nostri ultimi momenti”. Il libro, edito dalla Solferino, sarà disponibile da oggi nelle librerie.