Nell’ambito delle celebrazioni per il Giorno della Memoria del 27 gennaio 2020, sotto l’egida della Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ha voluto condividere un momento dedicato ai giovani nel quale lanciare un messaggio unito e convinto di contrasto alle espressioni di odio, violenza e razzismo negli stadi.
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uesto pomeriggio la S.S. Lazio, insieme agli altri club di Serie A, ha partecipato nella sede Ucei del Centro Bibliografico “Tullia Zevi” all’incontro, volto a radunare tutti gli attori del mondo del calcio per firmare idealmente l’impegno a dare “un calcio al razzismo”, siglando una carta dei valori che potesse sancire il comune impegno alla lotta contro il razzismo e, congiuntamente, un pallone dedicato alla vita e alla convivenza.
Presenti anche il Ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, il Presidente della FIGC Gabriele Gravina, l’AD della Lega Serie A Luigi De Siervo, la Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni ed il Presidente dell’AIC Damiano Tommaso.
Parla Lotito: “La mia presenza a quest’evento era doverosa. La battaglia contro il razzismo e contro la violenza in generale l’ho intrapresa da sempre: ho testimoniato aggressioni e minacce nel nome di questo ideale. Il calcio ha grande potere mediatico, attraverso questo sport si possono trasmettere a grandi masse i valori fondati della civiltà e dello sport. Il pallone è la testimonianza del superamento di carattere sociale, economico, razziale e fisico.
Questi temi sono fondamentali per la società civile, ed i giovani devono essere forgiati secondo questi valori. Spesso però i ragazzi crescono con le pressioni dei genitori, noi come Lazio abbiamo intrapreso un processo di formazione grazie al contributo di uno psicologo affinché i nostri atleti possano ambire al raggiungimento del traguardo sportivo solo con il culto del merito.
Nel calcio lo stadio è stato interpretato come uno sfogatoio nel quale riversare le frustrazioni settimanali, questo ha fatto sì che si perdessero punti di riferimento come le scuole o le parrocchie. I giovani oggi vivono attraverso l’aspetto fenomenico della vita ed hanno percezione di loro stessi solo quando assumono atteggiamenti in rottura con il sistema. Noi abbiamo il compito di creare campioni sul campo, ma anche nella vita per testimoniare un senso di responsabilità attraverso il loro semplice modo di essere”.