«La Lazio è altro. La Lazio non proviene da: la Lazio è. Prima è nata la Lazio: i tifosi sono venuti dopo. Per gli altri c’erano i tifosi e gli è stata data una squadra da tifare», queste le famose parole di Giorgio Vaccaro.
Parole rilasciate in occasione del rifiuto alla fusione con la Roma nel 1927. Ufficiale generale dell’Esercito Italiano nonché membro del Partito Nazionale Fascista (PNF) è ritenuto il dirigente più vittorioso nella storia del calcio italiano. Due titoli mondiali e una Medaglia d’oro olimpica vinta dalla Nazionale di calcio dell’Italia tra il 1934 e il 1938 durante la sua presidenza. Nato a San Marzanotto d’Asti (AT) il 12 ottobre 1892 e deceduto a Roma il 25 settembre 1983. Arrivò nella Capitale in giovane età. Durante gli anni della gioventù Giorgio Vaccaro ha praticato diversi sport con ottimi profitti. Pugilato, scherma, ciclismo, fu uno dei fondatori della Sezione Rugby della Lazio.
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artecipò alla Prima Guerra Mondiale dove ottenne la medaglia d’argento per le azioni compiute al fronte in battaglia. Al termine della guerra aderisce al Partito Nazionale Fascista dove fa carriera e dopo qualche anno, nel 1922, ritorna a Roma. Nonostante la carriera militare non dimentica lo sport e in poco tempo numerose cariche gli vengono affidate in campo sportivo: Consigliere nella Federazione Italiana Scherma, Presidente di quella del Rugby, nel 1926 è Consigliere della FIGC e Presidente del CONI, carica che ricoprirà fino al 1939.
L’ENTRATA NELLA LAZIO
Nel 1922 entra a far parte della Lazio, al fianco di Olindo Bitetti, un amico fraterno. Nel 1933 assume la carica di Presidente della FIGC al posto di Arpinati. Organizza con successo i Campionati del Mondo in Italia nel 1934. Nel 1939 diviene anche Membro del CIO. Grazie alla sua competenza e organizzazione che fanno dell’Italia un Paese all’avanguardia in quegli anni praticamente ha in mano tutto lo sport nazionale. Nella primavera del 1927 il Partito Fascista diede ordine al Federale Foschi di creare una nuova squadra assorbendo tutte le società calcistiche della città di Roma. E inoltre che doveva portare il nome della Capitale. Alla sede della Lazio arrivò un telegramma con “l’ordine di presentarsi dal Federale Foschi per importanti comunicazioni”.
Olindo Bitetti capì subito che la società biancoceleste stava correndo un serio pericolo e andò subito dal suo amico Vaccaro in cerca di aiuto per evitare la fusione. Quest’ultimo prese sul serio la faccenda capendo che il vero scopo di Foschi era quello di assorbire la Lazio perché era l’unica società romana ad avere uno stadio degno della Serie A. Si fece allora nominare Vicepresidente, mentre alla presidenza doveva essere eletto il Generale di Cavalleria Ettore Varini. Lo scopo era semplice. Se Foschi avesse trattato solo con degli sportivi questi avrebbero potuto cedere. Mentre certamente sarebbe stato diverso se si fosse trovato davanti un Federale e un Generale.
IL GRANDE RIFIUTO
Il colloquio avvenne pochi giorni dopo e non poca fu la sorpresa di Foschi quando si trovò di fronte Vaccaro e Varini. I tre si misero a tavolino e Foschi presentò il suo progetto: “La squadra si chiamerà Associazione Sportiva Roma, i colori saranno quelli dell’Urbe: il giallo e il rosso, e il campo sarà quello della Rondinella”. Nell’accordo nessun giocatore della Lazio sarebbe stato assorbito dalla nuova società. Praticamente la Lazio non sarebbe più esistita. A questo punto Vaccaro cominciò a parlare: “Foschi, la Lazio è Ente Morale dal 1921 per Regio Decreto, con una sua storia, quindi non può scomparire. Se proprio vogliamo creare una nuova società, ben venga, ma il suo nome DEVE essere Lazio, i colori bianco e azzurro e il campo la Rondinella“.
A quel punto Foschi capì che non sarebbe mai riuscito nel suo intento. Vaccaro però aggiunse che due squadre a Roma sarebbero state un bene sia per la competizione, sia per la sana rivalità sportiva dei cittadini. La fusione fu così scongiurata e quando a luglio dello stesso anno nacque la Roma, la Lazio era al campo della Rondinella per iniziare la sua ventisettesima stagione sportiva.