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LA NOSTRA STORIA – Tommaso Maestrelli: un allenatore, un padre… un Maestro

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Tommaso Maestrelli: un allenatore, un simbolo, un padre… un Maestro.

Nel cuore di ogni tifoso della Lazio c’è un posto riservato a lui, per forza. È uno di quei personaggi che riesce a battere il tempo e lo spazio, che rimane nella memoria di chi lo ha vissuto ma allo stesso tempo entra nel cuore di chi lo ha imparato a conoscere solo tramite i racconti dei genitori e gli speciali alla TV. È il buono che sa essere duro, ma anche il duro dal cuore d’oro. La Lazio dei primi anni ’70, la sua Lazio, è una squadra che ha fatto la storia. Perché ha vinto, certo, ma soprattutto per come ha vinto. Prima la promozione in serie A, poi lo scudetto sfumato per un soffio e infine l’apoteosi. Il primo scudetto della storia biancoceleste. Chi è Tommaso Maestrelli? Per capire la sua grandezza bisogna sentire i commenti di chi laziale non è. Una persona così infatti riscuote successo tra laziali e romanisti, juventini e milanisti, appassionati di calcio e non. Lui, figlio di un dirigente delle Ferrovie dello Stato, cambiò città spesso fino a che le sue radici non si instaurarono a Bari. Da calciatore fu un centrocampista centrale, uno di quei giocatori che allenavano già in carriera, come fosse un predestinato. Sempre da Bari partì poi la sua avventura da allenatore che sbocciò ed esplose nella capitale, sponda biancoceleste. Il suo spogliatoio era pieno zeppo di personalità importanti, anche invadenti talvolta ma lui, usando carota e bastone, ne unì gli intenti e il risultato fu incredibile. Per quel gruppo di ragazzi fu un padre prima che un allenatore, per il popolo laziale fu (ed è ancora) un idolo e un condottiero. Oggi, 42 anni dopo la sua prematura scomparsa, è ancora punto di riferimento per chiunque si affacci a Formello e simbolo di lazialità per un popolo che non lo ha mai dimenticato e mai lo dimenticherà. Siamo certi che, seduto su una nuvola, ancora oggi guarda interessato e gode guardando la sua Lazio. “Daje aquilotti nun se pó sbaglià, su c’è er maestro che ce sta a guardà.

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