STADIO DELLA ROMA Si allarga l’inchiesta. Il “sistema Parnasi“, i rapporti “istituzionali”, le pubbliche relazioni instaurate per cercare agganci e entrature, sopratutto tra i politici.
STADIO DELLA ROMA SI ALLARGA L’INCHIESTA
Le carte dell’indagine sul nuovo stadio giallorosso restituiscono il modus operandi dell’imprenditore che secondo la Procura ha nel suo core business la “corruzione sistemica e pulviscolare”. Dal carcere di San Vittore Parnasi, in attesa dell’interrogatorio di garanzia fissato per oggi, si dichiara innocente. Nel frattempo, come riporta l’Ansa, l’inchiesta va avanti. 27 le nuove iscrizioni nel registro degli indagati, tra cui quella di Francesco Prosperetti. Colui che si occupò del vincolo sulle tribune dell’ippodromo di Tor di Valle. Vincolo, poi archiviato, che avrebbe creato un grande problema al progetto dello stadio. Secondo la Procura l’ex capo segreteria del Ministro ai Beni culturali, Claudio Santini, “avvicinò il Sovrintendente Prosperetti chiamato a pronunciarsi sul vincolo” che poi venne tolto. E per questo ricevette un compenso in denaro. Per Parnasi la preoccupazione principale è ottenere le autorizzazioni e ciò, secondo alcune intercettazioni, può avvenire grazie all’elargizione di “somme ai politici”.
I RAPPORTI TRA PARNASI E MALAGO’
L’attenzione degli inquirenti si stringe anche sulla rete di rapporti di Parnasi. Un intero capitolo di una informativa dei carabinieri è dedicata al rapporto tra il costruttore e il presidente del Coni Giovanni Malagò. Gli inquirenti fanno riferimento anche a un colloquio di lavoro che Parnasi l’11 marzo scorso effettuò presso un circolo sportivo con Gregorio “compagno della figlia del presidente del Coni per trovare con l’imprenditore una possibile intesa professionale”. Nell’informativa si legge che “Malagò ha presentato il compagno della figlia a Parnasi col preciso scopo di creargli un’occasione professionale”. Dalle conversazioni emerge una stretta relazione tra Malagò e Parnasi, i quali “interloquiscono tra loro anche di questioni inerenti la progettualità relativa allo stadio della Roma e allo stadio del Milan”. Nelle pieghe del procedimento anche la genesi del rapporto tra Luca Lanzalone, arrestato l’altro ieri e dimessosi ieri dalla presidenza di Acea, e l’amministrazione capitolina. L’avvocato genovese, come scrive lo stesso gip nell’ordinanza, non avrebbe mai ricevuto un incarico formale dal Campidoglio. Un consulente “di fatto” che aveva voce in capitolo nelle complesse dinamiche dell’amministrazione.