Roberto Mancini e la promessa Mondiale. Il CT della Nazionale torna a parlare dell’Italia e a spendere parole di stima per il suo pupillo Mario Balotelli.
Roberto Mancini e la promessa Mondiale. Nel corso di un’intervista rilasciata a Paolo Condò il CT ha parlato della sua squadra e in particolare di Balotelli: “Provo affetto per lui, è ovvio. Il suo ritorno in azzurro però ha motivazioni esclusivamente calcistiche. Ha solo 28 anni e fa ancora in tempo a prendersi tutte le soddisfazioni che desidera. Ora al suo background fisico e tecnico ha aggiunto anche l’esperienza. E’ cresciuto in tutti i sensi. Dato che la Nazionale è destinata a perdere, subito o in un paio d’anni, lo zoccolo duro che ha tenuto fino al flop con la Svezia ho bisogno di nuovi leader. Mario è in grado di esserlo e per fortuna non è l’unico”.
Su Chiesa: “Ogni tanto mi fermo a guardarlo, mi fa viaggiare nel tempo. Federico è identico al papà Enrico. Le stesse finte, la stessa accelerazione, un tiro molto simile. Quest’anno ha segnato poco in relazione alle sue potenzialità ma è il classico talento che può esplodere in qualsiasi momento anche dal punto di vista realizzativo”.
Sul suo passato da giocatore e su alcuni comportamenti, discutibili e dettati dall’orgoglio, che gli costarono la convocazione a più di un Mondiale: “Bearzot non mi chiamò nel 1986 perché non chiesi scusa per una notte brava a Manhattan. Sacchi mi lasciò fuori nel 1994 perché non tornai sulla decisione di autoescludermi. Nel 1990 Vicini mi convocò ma senza mai farmi giocare. Praticamente non ho giocato un minuto di un Mondiale. E credo che ciò sia un’assurdità anche se in buona parte è colpa mia”.
E quindi: “Ora penso alla qualificazione all’Europeo e a disputarlo alla grande. Gioco sempre per vincere. Ma l’idea del Mondiale, visti i precedenti, già mi frulla in testa”.
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