Il trauma della guerra, l’innocenza di un bambino di 6 anni e un sogno diventato realtà grazie a coraggio e determinazione. Quella che sarebbe potuta essere la trama di un film a lieto fine non sono altro che i ricordi di Alexandar Kolarov rivelati dallo stesso a Players Tribune.
I RICORDI DI ALEXANDAR KOLAROV
“C’è un rumore che continua a risuonare nelle mie orecchie. Se chiudo gli occhi riesco ancora a sentirlo nitidamente. È qualcosa di terrificante. Io e i miei amici sentiamo le esplosioni, abbandoniamo le bici e iniziamo a correre verso casa con il cuore che sembra esplodere come le bombe attorno a noi. Mentre corriamo, vediamo in cielo un aereo in fiamme precipitare. Pensare che quando scoppiò il conflitto ero felice perché non capivo cosa stesse accadendo. Per me voleva semplicemente dire che non si andava a scuola e potevo passare il tempo a giocare a pallone con i miei amici. In realtà ci volle il rumore della prima bomba per farmi capire in quale inferno eravamo piombati. Ero seduto davanti alla tv insieme a mio fratello e mia madre. Le trasmissioni furono interrotte dall’annuncio che Belgrado era stata bombardata”.
SOGNANDO SINISA
“Ricordo che non uscimmo di casa per giorni cercando inutilmente di prendere sonno tra il fragoroso rumore delle esplosioni. Non potei più andare per strada a giocare con gli amici. Giocavo con mio fratello in casa mentre le bombe esplodevano facendo tremare i muri. Eppure io continuavo a sognare di diventare come Mihajlovic. Il ricordo della Coppa Campioni vinta con la Stella Rossa nel 1991 mi folgorò. Da quel giorno divenne la mia leggenda”.
LA LAZIO
“Fu con il trasferimento alla Lazio nel 2007 che capii di avercela fatta. Eppure sentivo di avere ancora due missioni da compiere. La prima giocare con la maglia della mia nazionale, la Serbia. La seconda realizzare la promessa fatta a mia madre ai tempi della guerra: che sarei andato a giocare in Premier League. Ecco perché quando si fece avanti il Manchester City toccai il cielo con un dito”.
IL PROSSIMO TRAGUARDO
“Ora il mio sogno è portare in paradiso la nazionale serba, il primo motivo di orgoglio. Per questo continuerò a correre e a dare tutto me stesso”.
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