I venti presidenti della Lega di Serie A, forti dei tanti soldi dei diritti tv, ora vogliono contare di più. E vogliono sbrigarsela da soli approfittando dell’assenza di Giovanni Malagò. Il commissario si trova attualmente in Corea per i Giochi invernali.
MALAGO’ IN COREA
Qualcuno è rimasto male perché il numero uno dello sport ha mandato solo una lettera senza presentarsi lunedì scorso all’assemblea di Milano, quella che ha assegnato i diritti tv a Mediapro. Ma Malagò era più che giustificato: sabato è partito per la Corea per impegni istituzionali (con il Cio e con gli sponsor). Inoltre gli atleti avevano reclamato la sua presenza ai Giochi. Non poteva essere a Milano e neanche spostare la partenza per l’Estremo Oriente.
IL GRUPPO DEI GOLPISTI
Alcuni presidenti però vogliono approfittare del fatto che sarà in Corea sino al 25 (a meno che anticipi il rientro) e definire tutte le cose al loro interno, tagliandolo fuori. Per questo 8 società hanno chiesto ai due vicecommissari Nicoletti e Corradi di indire un’assemblea elettiva per il 14 febbraio, giorno di San Valentino. Per fare il golpe in assenza di Malagò ci vogliono 14 voti, si possono raggiungere solo con un accordo tra Lotito e Cairo. Si va in quella direzione.
UNA NUOVA FIGURA
I club riformisti sono sette e si oppongono al progetto di Lotito e dei suoi alleati di votare. Anche a Cairo non piace il commissariamento di Malagò e poi vuole fare votare lo spagnolo Javier Tebas come amministratore delegato della Lega di Serie A, una carica nuova nel panorama italiano. Tebas, come si sa, ha simpatie franchiste. E’ presidente della Liga professionale di Spagna che vorrebbe rinnovargli il contratto (guadagna 629.033 euro fissi più circa 200.000 variabili).
CONFLITTO D’INTERESSI
Tebas è anche amico e socio in affari di Jaume Roures, catalano e indipendentista, l’uomo che con Mediapro ha fatto ricco il calcio spagnolo e ora è approdato anche in Italia. Per questo la sua scelta fa discutere. C’è aria di conflitto di interessi e inoltre il n.1 della Liga per sbarcare a Milano ha chiesto un milione e duecentomila (netto) per sé e 600.000 euro (netti) per il suo braccio destro. Oggi è a Roma, in gran segreto, e sta facendo colloqui riservati in alcuni hotel del centro con Lotito.
LA GOVERNANCE
Cairo ci tiene molto conoscendo bene il mercato del calcio in Spagna e avendo anche interessi editoriali. In corsa per diventare ad c’è anche Luigi De Siervo, ora a Infront Italia, l’uomo che ha portato nelle casse dei presidenti 1500 milioni. Probabile che Tebas venga scelto, il cerchio di Cairo è quasi chiuso. Il giorno di San Valentino si cercherà di chiudere il discorso della governance. Per la presidenza è in corsa Umberto Gandini, ora ad della Roma, che però non ha ancora garantito la sua disponibilità. Lotito, come al solito molto attivo, propone Vegas, ex Consob, uomo di centrodestra come lui, oppure il generale Del Sette. Il presidente biancoceleste non vuole un uomo di calcio, la sua “passione” sono magistrati e militari.
LOTITO IN CERCA DI UNA POLTRONA
Dopo aver ricordato ai suoi colleghi che “dal 5 marzo cambieranno molte cose”, essendo lui candidato per Forza Italia in un collegio blindato, Lotito ha spiegato che uno dei quattro posti riservati ai club in consiglio di Lega deve essere suo. Gli interessa poco ora entrare in consiglio federale essendo la Figc commissariata. Di questo, semmai, si parlerà più avanti (i posti per la Lega di A sono tre, il presidente e due consiglieri: in corsa c’è anche Beppe Marotta). In consiglio di Lega fra i tre indipendenti uno dovrebbe essere Marco Brunelli, dg della Lega. Carlo Tavecchio non avrebbe molte speranze di entrare. “Non è stato nemmeno menzionato”, ci hanno detto. Ma non è tipo che si arrende facilmente e ultimamente si è riavvicinato a Lotito.
LE MEDIO-PICCOLE
La Lega di A è la locomotiva del calcio italiano, nei prossimi tre anni dovrà distribuire ricavi per 5 miliardi e mezzo, è giusto quindi che si dia una dimensione moderna e più manageriale. Ma senza consegnarsi totalmente in mani spagnole, anche noi abbiamo dirigenti preparati. Molti club, soprattutto medio piccoli, non hanno intenzione di scendere da 20 a 18 squadre, “almeno per tre anni non se ne parla nemmeno” assicurano dopo aver visto i soldi dei diritti tv e del paracadute.
LE PERCENTUALI
Per questo non è piaciuta la dichiarazione del commissario Figc, Fabbricini, poco amato a Milano così come Malagò. La Lega di A vuole contare di più: ora è al 12%, mentre la Dilettanti vale il 34% e la Lega Pro il 17%. “Dobbiamo arrivare almeno al 20%”, spiegano i presidenti di A: ma a scapito di chi? Sibilia e Gravina sono pronti a fare le barricate e a Nicchi guai se gli tocchi il suo 2%. Chi deciderà di cambiare i pesi elettorali? Fabbricini o un’assemblea straordinaria?
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