Oggi, 11 novembre, ricorre il decimo anniversario della scomparsa di Gabriele Sandri, il 28 enne ultras, mai dimenticato dalla tifoseria laziale. Abbiamo raggiunto papà Giorgio che, con grande pacatezza e lucidità, è tornato su quel terribile episodio, senza però dimenticare la gioia e la passione che il tifo riesce ancora a trasmettere.
Q
ueste le parole di Giorgio Sandri in esclusiva per Laziochannel:
La sua passione per la Lazio veniva da lontano?
“Ho trasmesso la fede laziale ai miei figli, fin da quando sono nati li ho messi in una culla biancoceleste e la casa è sempre stata piena di gadget dello stesso colore. È stata una tradizione da sempre”.
Intanto, è notizia recente della semilibertà di Spaccarotella (il poliziotto condannato a 9 anni per l’omicidio di Gabriele, ndr), il quale sembra stia facendo volontariato.
“Io sinceramente lo sapevo già da tempo. La notizia è uscita in concomitanza con la ricorrenza del decimo anniversario della morte di Gabriele e questo mi fa un po’ pensare, perché la sua semilibertà non è così recente. Per quanto mi riguarda, poco importa il fatto che lui sia libero o che abbia trascorso in carcere la metà degli anni attribuitigli. Quel che era importante è stato il riconoscimento del reato da lui commesso e che la Cassazione ha definitivamente chiuso con una condanna per omicidio volontario. Un anno in più o in meno non mi interessa. Fa parte della giustizia italiana, che accettiamo, ma dalla quale molte altre persone attendono una risposta”.
All’epoca dei fatti, non pensava che per alcune tifoserie, in determinate partite, ci fosse un coordinamento sbagliato delle forze dell’ordine e subentrasse, a volte, una impulsività nell’agire, che ha poi causato gravi conseguenze?
“Quello che è successo a Gabriele poco ha a che fare col mondo del calcio. È stato un fatto avvenuto fuori dal contesto della partita, sulla strada. Riguardo poi al controllo negli stadi da parte delle forse dell’ordine, non saprei pronunciarmi. Posso tuttavia assicurare che, in passato, ho avuto modo di conoscere l’ex capo della polizia, che purtroppo non c’è più, Manganelli, il quale riconobbe subito l’avventatezza e stupidità con la quale si affrontò quella situazione. Una persona che ricordo con grande affetto e di cui ho sempre avuto profonda stima”.
Come avrebbe vissuto Gabriele questo bel momento della Lazio e cosa si sarebbe aspettato dal derby? Cosa, da tifoso, si aspetta lei?
“Gabriele era un tifoso come tanti. Un ragazzo appassionato, che gioiva quando c’era da gioire e soffriva quando c’era da soffrire. Sarebbe stato di certo felice di questo momento. Io ne sono felicissimo e non pensavo che la squadra riuscisse ad arrivare subito a questi risultati. La Lazio, checché se ne dica, ha in squadra anche dei campioni, che qualcuno fa fatica a riconoscere, forse più per invidia. È una squadra di altissimo livello e per questo vorrei ringraziare la società e, nello specifico, il ds Tare, che in passato ho anche criticato, ma che ora intelligentemente bisogna elogiare”.
Di certo, è stata allestita una squadra competitiva, senza spese folli…
“Ed è proprio questa la cosa più bella che da fastidio a tanti. Senza dimenticare la prospettiva che potrebbe dare il settore giovanile, sul quale la Lazio ha sempre lavorato bene”.
Come viveva l’essere ultras Gabriele?
“Mio figlio andava allo stadio con un gruppo di amici, sia a Roma che fuori. In trasferta, in realtà, era a volte una scusa per passare delle ore insieme. Andare a pranzo, farsi quattro risate. Addirittura per lui le partite erano delle occasioni di aggregazione, degli eventi da vivere con gli amici. Poi, negli ultimi tempi, ha cominciato ad assistere alle partite dalla tribuna, con me. Gabriele era un compagnone. Gli piaceva vivere la vita con gli amici, anche considerando il lavoro che faceva”.
Diego Di Giuseppe