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“Una vita sulle montagne russe”, Bruno Giordano presenta la sua biografia a Velletri

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“Bruno Giordano e Giancarlo Governi risvegliano la passione per il calcio, e in particolar modo per i numerosi tifosi di fede biancoceleste presenti a Velletri, in un giorno dove parlare del pallone è dolente vista la mancata qualificazione dell’Italia di Ventura ai Mondiali 2018. Ma in un clima amichevole ed estremamente godibile, il grande giornalista e il titolato calciatore (definito da Diego Armando Maradona il più forte compagno di squadra che abbia mai avuto) hanno dato vita ad una chiacchierata piena di aneddoti, ben lontana dalla nostalgia del calcio che non c’è più e a tratti anche intima. Una vita sulle montagne russe, edito da Fazi, e scritto da Giancarlo Governi, è molto più che una mera biografia sulla vita di Bruno Giordano: si entra, infatti, in una dimensione sia pubblica che privata, e fatta di salite e discese, proprio come la giostra che ha ispirato il titolo dell’opera. Governi ha raccontato delle sue tante esperienze con personaggi dello spettacolo e dello sport: “Con Bruno c’è stata un’intesa, un’amicizia, e alla fine di questo percorso siamo rimasti davvero soddisfatti per il lavoro fatto. Quella di Giordano non è la solita vita del campione, che romanzata o meno, può diventare un libro: è davvero piena di momenti anche tragici, di fatti privati meno conosciuti e di aneddoti che pubblicamente non sono mai stati resi noti”. A fare eco a Governi il grande calciatore, che ha raccontato i suoi inizi nel mondo del pallone: “Da Trastevere, quando giocavo in oratorio, passai al campo da calcio. Non eravamo nemmeno abituati all’erba, tant’è che mi sembrava di pattinare la prima volta che feci il provino per la Lazio. Pensai di essere bocciato all’istante, invece fui preso e iniziò la mia avventura”. Il calcio di qualche anno fa non era come oggi: più valori, meno soldi, sicuramente un entusiasmo diverso in curva. Governi ha raccontato come ci fossero molte meno pretese, a cominciare dagli scarpini, molto spartani e privi di sofisticherie. Il talento, però, è dalla parte di Bruno Giordano e la sua trafila nel Settore Giovanile della Lazio non poteva che culminare con l’esordio in Serie A: “Ricordo i primi tempi in cui ero in odore di prima squadra, mi capitava spesso di portare la borsa a Chinaglia. Non avevo alcuna pretesa, a me bastava quello, anzi me ne vantavo. Poi un giorno arrivò la convocazione, contro la Sampdoria. La panchina non era quella lunga di oggi, c’erano quattordici o quindici giocatori. L’allenatore mi diede il numero undici e scesi in campo, quando me lo comunicò ero incredulo”. Da allora la maglia da titolare, i gol, le azioni e l’ingresso a pieno titolo nella storia del calcio. Il giocatore trasteverino e i suoi compagni di merende – così come li definisce – Andrea Agostinelli, Stefano Di Chiara e Lionello Manfredonia fu lanciato da mister Corsini: “A Genova, all’esordio, segnai a tre secondi dalla fine, il pallone entrò in rete e vincemmo la partita perché l’arbitro fischiò subito dopo il gol. Da allora iniziò una specie di tradizione: il portiere Pulici si confermava un fenomeno parando tutto, e alla fine segnavo io”. Governi ha raccontato come Giordano nel mondo del calcio era uno che oltre ai piedi buoni aveva la personalità giusta: “anche se non gli avessero passato la palla, il potenziale di un gol a partita lo aveva”. Le montagne russe, però, sono anche fatte di discese: una cruciale è stata la perdita della mamma in un incidente stradale, quella mamma che andava a vedere le partite in curva. Capocannoniere della Serie A nel 1978-79, un’altra discesa terribile fu lo scandalo del calcio scommesse: “Ho accettato tutto dalla vita, ma la squalifica non mi va giù. Nonostante io sia stato assolto – ha detto Giordano con rammarico – mi è stato impedito di partecipare al Mondiale 1982. Questa cosa non la digerirò mai”. La spedizione degli azzurri fu vincente, e Governi ha ricordato come Bearzot credesse molto in Giordano. La giustizia lo ha scagionato per non aver commesso il fatto, tuttavia il danno è rimasto: “Ho rischiato anche di restare etichettato, nonostante io non solo non abbia fatto nulla e sia innocente, ma non abbia neanche pensato determinate cose”. L’unica nota positiva è stata la vicinanza della società: sia Governi che Tamilia hanno sottolineato, infatti, che la Lazio si schierò apertamente dalla parte di Giordano. Nel 1985 arriva il passaggio al Napoli: “Maradona mi accolse con grande orgoglio. Mi volle anche lui, oltre al club, e sono stati anni meravigliosi. Diego Armando – ha dichiarato l’ex calciatore biancoceleste – è una persona straordinaria. Di lui se ne sono dette tante, forse è stato anche un po’ demonizzato, ma in fondo anche se ha sbagliato lo ha fatto sulla sua pelle. Maradona non ha mai fatto del male a nessuno se non a se stesso. Ci siamo sentiti qualche giorno fa, gli voglio sempre bene”. Negli ultimi anni Giordano è rimasto nel mondo del calcio, come allenatore e dirigente sportivo, vivendone i cambiamenti profondi e radicali: “Si sfogano diversamente gli istinti bestiali, prima c’era un’altra cultura. È vero che quando segnai il gol alla Roma nel derby mi corsero dietro a Trastevere, ma vigeva un certo rispetto anche tra rivali e non è un’affermazione retorica”. La chiacchierata è terminata tra gli applausi e le varie domande del pubblico, cui hanno fatto seguito le foto di rito con sciarpe e maglie laziali e un lungo firma-copie. Sia Giordano che Governi con grande disponibilità non si sono negati, trovando una grande accoglienza nella Libreria Mondadori Bookstore di Velletri, il cui calore non li ha lasciati indifferenti. Due icone, in settori diversi, che hanno scritto pagine importanti di storia e oggi pagine interessanti di un libro che merita di essere letto. Prossimo appuntamento per la Mondadori veliterna sabato 25 novembre con il tour nazionale dei blogger di Giallo Zafferano, sito web di cucina e ricette, oltre alle date con le scuole di vario ordine e grado e diverse sorprese da ufficializzare a breve”.

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Rocco Della Corte

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