Abbiamo raggiunto Volfango Patarca, decano dei talent scout e dei settori giovanili romani, scopritore dei più grandi talenti della storia recente della Lazio tra cui Nesta e Di Vaio per citare i più noti.
span style="font-weight: 400;">Semplice e diretto, Patarca ci ha fornito un importante punto di vista sulla situazione attuale e l’inserimento dei talenti.
Patarca, cosa pensa della gestione del settore giovanile di Lensen e di quella nuova di Bianchessi?
“Su questo argomento, sono un po’ critico: mi chiedo se è possibile che non ci sia nessuno che possa insegnare calcio ai giovani. Insieme a tanti colleghi, da anni, ne abbiamo visti di ragazzini e abbiamo portato avanti un grosso lavoro. Ora si pesca dall’estero. Pare che il calcio lo abbiano scoperto gli altri. Non voglio fare il polemico, ma non è possibile una situazione simile in una città come Roma. Bianchessi non lo conosco, ma non mi pronuncio, anche perché non ci siamo mai incontrati…”
Cataldi, Murgia e Guerrieri: tre giovani che potrebbero trovare spazio?
“Cataldi lo conosco bene e lo saluto caramente. A mio parere, andava valutato meglio e inserito gradualmente in prima squadra. Sembra che però sia al centro di trattative di mercato e dispiace se andrà altrove. Spero, in ogni caso, che possa avere qualche chance. Ne ha avute in passato, ma oggi, purtroppo, se stecchi qualche partita, reinserirsi è davvero difficile.
Murgia e Guerrieri sono da anni nei settori giovanili. Ragazzi squisiti e di talento, di cui ho grande stima e rispetto e che ho visto crescere. Potrebbero essere gettati nella mischia, appena si presenta l’occasione. Tuttavia, veda, il problema di oggi è che si pretendono i risultati: mi metto nei panni degli allenatori che, poverini, subiscono delle forti pressioni e gli si chiede tutto e subito. Con questo approccio, però, ragazzi come loro, difficilmente possono emergere ad alti livelli.
Pensa che ci possano essere pressioni esterne da ‘calcio degli uffici’, da qualche procuratore…?
“Non ne parliamo. L’ambiente delle procure è diventato una sorta di zona rossa, con alcuni addetti ai lavori diventati inavvicinabili. Certi procuratori pensano che il calcio l’abbiano inventato loro, ma il calcio è un’altra cosa. Anni fa, in tempi non sospetti, scrissi un libro in cui parlavo dei procuratori e di certe logiche di business intorno ai calciatori, che sarebbero finite ‘col botto’. Oggi, posso dire di averci visto giusto e il ‘botto’ è stato fatto dalle cifre accostate a certi atleti.
Per alcune trattative, se non parli di decine di milioni, non ti ascoltano nemmeno. E non è detto che tutti valgano questo denaro. Vorrei tanto discutere di questi argomenti in televisione, in radio, per fornire un punto di vista più tradizionale. Ma chi vuoi che ti ascolti? Una volta se scoprivi un talento e lo segnalavi, i direttori sportivi lo compravano in busta chiusa. Oggi, invece, ci sono dei giri di denaro incredibili e tutto questo ci ha fatto perdere il contatto con la realtà, con il calcio autentico. Speriamo che, almeno per i settori giovanili, cambi qualcosa”.
Diego di Giuseppe
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