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Signori: “Con i tifosi della Lazio ho avuto una relazione speciale”. Poi attacca Eriksson…

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Ieri SoFoot.com lo ha inserito al terzo posto nella classifica dei 50 giocatori che hanno scritto la storia della Lazio. E oggi, proprio al portale transalpino, Beppe Signori ha raccontato curiosità e aneddoti della sua esperienza a Roma, cominciata nel 1992.

All’inizio i tifosi erano dubbiosi. Arrivavo da un piccolo club, il Foggia dove avevamo fatto grandi cose ma non era al livello della Lazio. Atterro a Roma, avevo 24 anni, e so che devo rimpiazzare un campione come Ruben Sosa, che era lì alla Lazio da 4 anni e che aveva segnato più di 40 gol: era una sfida sacra.”

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Una presentazione in grande stile, con una doppietta nella prima gara (contro la Samp, terminata 3-3): “È un bellissimo ricordo per due ragioni. Innanzitutto perché quella doppietta mi ha permesso di cominciare l’avventura alla Lazio col piede giusto e mi sono sentito in fiducia per il futuro. E poi, io ho segnato al 19′ della partita. Era il primo gol del match e della Serie A 1992-’93 e quindi ho ricevuto in premio una cassa di bottiglie di vino offerta dalla Federazione. Un ricordo doppiamente bello.

Sul rapporto con Zoff, Zeman e Eriksson, suoi allenatori nella Capitale : “È difficile dire quale dei tre è il migliore perché hanno tre stili completamente differenti. Zeman è stato un ritorno perché era stato già il mio allenatore ai tempi del Foggia. È lui che mi ha veramente insegnato a segnare i gol. Sono diventato ‘bomber’ grazie a lui. Zoff, invece, è una persona molto più umana. Ha giocato per anni a calcio e conosce perfettamente questo mondo. Da un punto di vista umano, mi ha dato dei consigli davvero importanti per la mia persona e la gestione di me stesso. E pure sul terreno di gioco, mi ha lasciato una grande libertà d’azione. Al contrario, con Eriksson diciamo che non posso giudicare perché la nostra relazione non è mai cominciata. Non si è ben comportato. Lui è arrivato l’estate del 1997 e mi ha messo subito da parte. Ognuno fa le sue scelte. Lui era l’allenatore, era normale che facesse delle scelte. Ma avrebbe potuto farle con un po’ più di stile, con un po’ più di rispetto. Penso di aver dato molto alla Lazio in cinque stagioni, non dico che ero intoccabile ma potevo essere gestito in un’altra maniera.”

Poi lo Scudetto 2000, vissuto dall’esterno, in quel di Bologna: “L’ho vissuto con un sentimento condiviso. Provavo, da una parte, la gioia di vedere la Lazio trionfare. In quella squadra c’erano ragazzi come Negro, Favalli, Nesta, Gottardi, Marchegiani con cui avevo vissuto dei grandi momenti. Ero felice per loro, di aver fatto parte di una grande squadra e di essere stato membro di un progetto che poi si è concluso al meglio. Dall’altro lato, ero triste per non aver potuto esserci. Nella mia carriera ho vinto alcuni titoli come migliore cannoniere, ma non ho mai vinto dei trofei maggiori. Quindi, vedendo ciò mi ripetevo amaramente che tutto questo l’avremmo potuto vincere insieme.”

Sul rapporto con i tifosi laziali: “È stata una relazione speciale. Ci siamo subito amati, come un amore a prima vista. Loro si sono riconosciuti in me. Io non ero pretenzioso, ma ambizioso e per loro ero come un simbolo. Io non dimenticherò mai il giorno in cui mi hanno acclamato sotto la curva, per dirmi che sono stato il loro re. Questa è un’immagine che porterò sempre dentro di me. Va al di là dei confini dello sport. Il trasferimento mancato al Parma? In realtà, io ho vissuto quella storia da lontano perché in quel momento eravamo impegnati nella tournée estiva in Brasile. Dal mio punto di vista, non ho mai voluto andare al Parma. Avevo espresso al presidente il mio desiderio di restare perché sapevo che ero nel posto giusto per scrivere il futuro. Cragnotti voleva investire, fare grande il progetto e io volevo far parte proprio di quel progetto. Quindi io ho assistito da lontano a quella manifestazione d’amore. Quell’episodio provò che i tifosi ed io eravamo sulla stessa lunghezza d’onda, andavamo nella stessa direzione.

Un amore quello dei tifosi di cui ha avuto prova anche nella vicenda del Calcioscommesse, nel 2011: “Delle persone che io conoscevo e altre che non conoscevo affatto, tutte mi hanno sotenuto. Mentre vivevo quei momenti così difficili, ricevevo dei video dei tifosi della Lazio che cantavano in mio onore. Quel gesto mi ha profondamente toccato. Il popolo laziale non aveva dimenticato il loro vecchio capitano. E forse è questa la più bella soddisfazione.

Insomma, si puó dire che Signori è parte della storia della Lazio: “Non sta a me dirlo, sono loro che devono dirlo, sono loro che hanno avuto la possibilità di vedermi giocare con quella maglia blu come il cielo. Sono loro che hanno saltato di gioia ad ogni mio gol. Quelli che mi portano nel loro cuore ancora oggi.

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