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Almeyda: “Contento per Inzaghi. Non so quando ma allenerò in Italia”

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Da giocatore ha girato l’Italia dividendosi tra Brescia, Inter, Lazio e Parma. Anni per lui indimenticabili. Matias Jesus Almeyda ai microfoni di TuttoMercatoWeb si è lasciato andare ai tanti ricordi e ha parlato della sua nuova vita da allenatore.

Ormai è una delle figure più importanti del Chivas de Guadalajara, club prestigioso della Primera División che ha riportato al titolo dopo ben undici anni: “Preferisco non pensarla in questo modo. Voglio concentrarmi solo sul presente e sul futuro, sapendo comunque di aver fatto qualcosa di molto importante. Nel Chivas ci sono solo calciatori messicani e non è facile per noi operare sul mercato. Per fortuna, quando sono arrivato, il progetto che ho presentato alla società è piaciuto molto. Mi hanno dato ampio potere, sotto tutti i punti di vista. E insieme abbiamo raggiunto un certo tipo di risultato. Ringrazio il club per avermi concesso questa fiducia, per un allenatore è fondamentale. Mi sento come una sorta di manager, quella figura che tanto va di moda in Inghilterra. Sono felice, ma non fermiamoci: avanti con il lavoro per crescere ogni giorno”.

Nel suo futuro? “Sono arrivate delle proposte, non lo nego, ma sono molto tranquillo. Ovviamente non nascondo che il sogno è di allenare un giorno in Europa, ma senza fretta. Dovrò essere preparato al meglio quando arriverà quel momento. Punto ad avere una carriera da tecnico molto simile a quella da calciatore”.

Europa significa Italia? “Soprattutto, l’Italia per me è il massimo. In Serie A c’è il calcio che mi piace di più, da voi mi sento come a casa. Spero tanto che questo mio sogno possa realizzarsi un domani”.

Che tipo di allenatore è? “Per me è difficile rispondere, di sicuro diverso rispetto a quando giocavo. Cerco di rendere felici i miei calciatori, che devono sorridere quando scendono in campo. Ovviamente sempre con professionalità. L’obiettivo è migliorare ogni giorno. Nel tempo sono cambiato anche io, ma non la mia voglia di combattere e lottare che è rimasta intatta. Cerco di migliorare i miei uomini, tenendo conto anche dei valori umani. Ammetto senza problemi che sto diventando una sorta di ‘pazzo’ (ride, ndr). Spendo tantissime ore sul campo e davanti ai video per studiare ogni aspetto. Studio, analizzo, guardo partite, le rivedo più di una volta. Ma questo è l’unico modo per migliorare e stare al passo con un mondo, quello del calcio, in continua evoluzione”.

In carriera ha lavorato con grandissimi allenatori: si ispira a un modello in particolare? “No, direi di no. Cerco di essere me stesso, di essere Matias. Lavorando con uomini come Bielsa, Sacchi, Passarella, Sabella ed Eriksson ho cercato di ‘rubare’ qualcosa da tutti loro, questo è naturale, ma senza snaturarmi. Non voglio imitare nessuno”.

Che idea si è fatto studiandola da lontano della nostra Serie A? “La Juventus ha cambiato parecchio. Prima utilizzava quasi sempre il classico 4-4-2, mentre con Conte ha cambiato molto utilizzando anche altri moduli. E i risultati parlano chiaro. Sono contento per la Lazio di Simone (Inzaghi, ndr) che quest’anno ha fatto benissimo. Ma un plauso va anche al Napoli di Sarri e Giampaolo che ha offerto un ottimo calcio. Diciamo che ultimamente abbiamo assistito a varie novità, perché prima tutti giocavano nello stesso modo. Ogni squadra può avere dei campioni, ma possono anche non bastare per vincere. Serve anche altro. L’Inter è reduce da stagioni difficili, al pari del Milan, mentre Roma e Napoli hanno fatto bene. Ne approfitto per fare i complimenti alla Lazio e al suo allenatore. Un ‘bravo’ a Simone, sono felice che siano tornati in Europa. Anche per i tifosi”.

Quanto spera di sedersi, un giorno, su una panchina italiana? “Sarebbe la realizzazione di un grande sogno, è quello che voglio come allenatore: allenare in Serie A” .

 

 

 

 

 

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