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Il tecnico biancoceleste Simone Inzaghi condottiero di altri tempi

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A guardarlo sarebbe il caso di scomodare Simeone, un guerriero, suo amico nella Lazio scudettata di Eriksson. Oggi alla guida dell’Atletico Madrid e semifinalista di Champions. Torna in mente Conte, tre scudetti con la Juve ed ex ct azzurro. Anima del Chelsea, capace di infiammare Stamford Bridge. Simone Inzaghi nella Lazio, per il modo in cui vive certe partite a bordo campo, lo ricorda. Un vero e proprio trascinatore, non solo uno stratega della tattica. E’ come se in panchina avesse portato l’adrenalina di suo fratello Pippo. Quando era centravanti si diceva non avesse la stessa fame ma, in realtà, era stato penalizzato da problemi alla schiena e forse aveva un senso del gioco più compiuto. Vedeva e masticava calcio con la stessa freddezza analitica che gli consente di intervenire durante la partita quasi fosse alla lavagna o sul campo di Formello.

IL DERBY

Ieri, però, si è superato. Aveva studiato il derby nei dettagli, lo aveva visto e immaginato. Come dichiarato da Biglia da lunedì stava martellando i suoi uomini per prepararli dal punto di vista psicologico. Temeva quel senso di appagamento che aveva invaso l’ambiente dopo l’eliminazione della Roma e che avrebbe potuto intaccare la ferocia della sua squadra. Perciò, da bordo campo, ha caricato e trasmesso un’energia infinita ai suoi giocatori ormai senza respiro. Erano scariche di tensione e rabbia. Ha iniziato quando si è messo a urlare per svegliare Strakosha. Lukaku stava zoppicando, aveva il polpaccio indurito, a bordo campo era pronto Anderson ma la palla non usciva. Inzaghi ha chiamato e strillato al suo portiere di mettere fuori il pallone per poter effettuare la sostituzione. Dzeko ha protestato platealmente e il tecnico laziale gli ha risposto per le rime. Ma, quando Orsato si è avvicinato, ha avuto la accortezza di fermarsi. Poco prima dell’intervallo il rigore del pareggio che avrebbe potuto dare una svolta in negativo.

IL SECONDO TEMPO

Al rientro negli spogliatoi, guardando lo schermo, Inzaghi ha avuto la certezza che si trattasse di un errore. Una svista clamorosa come poi avrebbe confessato lo stesso Orsato a Biglia. Quel torto invece ha scosso la Lazio. Ogni volta che il gioco si fermava l’allenatore lanciava l’acqua ai suoi giocatori. Il tecnico temeva l’orario e il caldo di mezzogiorno. Voleva che i suoi resistessero fino al termine. Ha strillato anche contro il massaggiatore perché preparasse i rifornimenti, fondamentali per combattere la fatica. Quella che provavano Lulic e Milinkovic, in preda ai crampi. Inzaghi correva dietro a tutti i suoi. Avrebbe voluto spingere in rete quel pallone di Anderson tirato tra le braccia del portiere giallorosso. Lo aveva inseguito come fatto con Immobile in Coppa Italia. Quando ha segnato Keita è esploso. E’ corso fino alla bandierina sotto la Nord. Una liberazione: 3-1 alla Roma e nono successo in trasferta del campionato. Eguagliato il record di Pioli.

EUROPA E CONTRATTO

L’Europa ora è a un passo. Mancano appena 5 punti, forse i tre con la Samp se il Milan non batte la Roma. E, una volta centrato il traguardo, si potrà pensare alla finale di Coppa Italia. Nel contratto di Simone Inzaghi c’è una clausola che prevede il prolungamento automatico. Come riporta Il Corriere dello Sport, Lotito però ha promesso il rinnovo. In settimana si sono svolti i primi veri colloqui con il presidente. Sarebbe il caso di premiarlo. Inzaghi merita fiducia piena. E la Lazio ha l’obbligo di varare un progetto Inzaghi.

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