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Marchetti: “Sto bene e sono pronto a rientrare”. Poi parla di Strakosha

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Una giornata speciale di scuola per gli alunni dell’Istituto Comprensivo Angelica Balabanoff.  A fargli visita c’è la Lazio. Federico Marchetti, Cristiano Lombardi e Wesley Hoedt, sono i biancocelesti che si mischieranno tra i tanti bambini.

AGGIORNAMENTO ORE 20:00 – Marchetti ha parlato anche a Lazio Style Radio: “Il ginocchio sta bene da circa una settimana. Ho avuto anche un attacco influenzale e non mi sono riuscito ad allenare. Ho un ottimo rapporto con Strakosha; quest’ultimo non mi ha fatto rimpiangere e veniamo anche da una serie importante di vittorie e sono contento che la squadra sia riuscita a conseguire questi risultati.

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Dopo il derby c’è sempre stata nella storia della nostra squadra un pizzico di superficialità, ma noi abbiamo dimostrato di essere un gruppo maturo e voglioso di raggiungere risultati. Abbiamo fatto un’altra grande partita anche a Bologna. Abbiamo l’opportunità di dare continuità ai risultati all’Olimpico e per questo ci stiamo allenando bene”. 

LE PAROLE DI MARCHETTI

Marchetti risponde alle domande dei bambini presenti.

I valori più importanti? 

Sono tanti, il principale è il rispetto per i compagni e per l’avversario. È alla base per praticare qualsiasi sport. Poi ci sono il sacrificio, la voglia di migliorarsi sempre”.

Hai mai pensato di abbandonare per una delusione forte?

“A me è capitato, quando a 22 anni ero in ritiro con il Torino. La società fallì, ho passato 20 giorni da disoccupato. Qualche pensierino del genere può venire pensando ai sacrifici fatti fino a quel momento. È stato un periodo difficile, poi l’ultimo giorno di mercato mi ha chiamato un ds che avevo già avuto e mi ha dato l’opportunità di ripartire. da lì ho ripreso alla grande e sono arrivato in serie. Non bisogna mollare mai e crederci sempre”.

Cosa avresti fatto nella vita se non avessi fatto il calciatore?

“Facevo ragioneria linguistica. Credo che avrei fatto l’Animatore in qualche villaggio straniero o interprete… Sacrifici? I sacrifici da fare sono tanti, soprattutto da giovane. Sono andato via di casa a 14 anni, mi sono trasferito a Torino. Ero in un convitto con altri ragazzi di tutta Italia. Mi svegliavo alle 7, andavo a scuola, pranzo veloce e poi allenamenti”.

Cori razzisti

“Atteggiamenti da condannare, nel 2017 non è più possibile sentire cose del genere. Come accogliamo un nuovo giocatore? Cerchiamo di metterlo subito a suo agio. Quando arriva siamo in ritiro, quindi gli spieghiamo la nuova realtà durante gli allenamenti”.

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