Sulla questione stadio della Lazio ha parlato Francesco Rutelli, ex sindaco di Roma e tifoso biancoceleste.
Queste le parole di Rutelli rilasciate al Nuovo Corriere Laziale:
Lotito rivendica, a parità di diritto, anche per la Lazio la possibilità di avere un impianto di proprietà. Secondo Lei ci dovremmo aspettare un iter lungo e tortuoso come quello per lo Stadio della Roma (anche se non ci sono le stesse problematiche)?
“C’è una differenza fondamentale da chiarire. Uno stadio cittadino può nascere in base a una regìa pubblica. Oppure grazie alle norme sugli stadi, che affidano l’iniziativa ai privati. In entrambi i casi, deve esistere un interesse pubblico. Nel primo è il Comune a decidere, nel secondo, l’iniziativa e la proposta sono dei privati. Dunque, non è così diversa la situazione di partenza tra Roma e Lazio. Se il Comune non ha un proprio progetto – e non ce l’ha – tocca ai privati, cioè alla proprietà delle società dare le carte. La Roma, da qualche anno, ha individuato un’area, un partner privato e un progetto. Può piacere, o no.
Io, in principio, sono favorevole alle innovazioni, in una città che non ha progetti importanti. Ovviamente, ci vuole un equilibrio urbanistico: tra stadio, servizi, volumetrie che servono al privato a finanziare l’operazione, e infrastrutture pubbliche per l’accessibilità. Queste ultime, sono impegnative per l’area di Tor di Valle (bretella per il Raccordo, prolungamento Metro B, lavori stradali, etc). Non sarebbero certo meno importanti nel caso dell’area prescelta dalla Lazio (lungo la via Tiberina, dove le problematiche di viabilità e accessibilità su ferro sono rilevanti)”.
Se, ipoteticamente, venisse dato l’ok anche alla Lazio, la costruzione dei due Stadi quasi parallelamente non rischia di creare grossi disagi alla città? Come la viabilità?
“Roma è una città immensa, 130mila ettari. Per darle un esempio, solo come Comune di Roma in vista del Giubileo del 2000 abbiamo aperto – e concluso nei tempi, senza neppure un avviso di garanzia, né una vittima sul lavoro – la bellezza di 800 cantieri. Se c’è una capacità organizzativa, se c’è trasparenza, la città capisce, e i disagi possono essere contenuti”.
Secondo Lei, vista la Sua esperienza da Sindaco, il Flaminio potrebbe essere l’alternativa possibile anche se sono presenti problematiche come la riqualificazione di Viale Tiziano? Oppure sarebbe meglio orientare la scelta verso la Tiberina (scelta ovvia forse)?
“Il problema del Flaminio secondo me è assurdo. Lo stadio era di proprietà del CONI, quando ero Sindaco, e proposi di non lasciarlo abbandonato. Proposi di giocare il 6 Nazioni di Rugby, che riuscimmo ad ottenere per la Capitale. Da allora, il pubblico è cresciuto; il rugby si è spostato all’Olimpico. Il Flaminio è stato ridotto a un rudere, sono falliti alcuni progetti, ed è passato alla proprietà del Campidoglio.
Perché assurdo? Perché uno stadio è un’infrastruttura funzionale complessa, mica una scultura! Se cambiano le norme (di sicurezza, per l’accesso dei disabili, per gli standard urbanistici, etc), lo si deve ristrutturare, anche radicalmente. Anche se lo ha disegnato un maestro come PierLuigi Nervi (del quale mio padre fu giovane assistente universitario), il tempo passa. Non è un Palazzo, o un Museo intoccabile. Deve ospitare il pubblico in modo confortevole.
E, aggiungo, meriterebbe di essere coperto e insonorizzato, accogliere concerti e altre manifestazioni. Esattamente come il Palazzo dello Sport dell’EUR – sempre progettato da Nervi, che ha anche disegnato il Palazzetto a due passi dal Flaminio. Dunque, il Comune dovrebbe decidere quali funzioni debba ospitare; affidare a un Concorso aperto a grandi architetti la sua ristrutturazione. Infine, inquadrare le nuove funzioni in un contesto urbano straordinario, che va dall’Auditorium, al MAXXI, al Ponte della Musica, al Parco di Monte Mario e le infrastrutture del Foro Italico”.
Quando Lei era Sindaco e Cragnotti presidente della Lazio, si parlava già di Stadio per la società bianco azzurra?
“Posso capire che la Lazio, come la Juve, e poi la Roma, e domani la Fiorentina, abbia diritto a fare dello Stadio un asset economico. Questo per accrescere il valore della società. E dunque possa ritenere troppo problematica la soluzione-Flaminio. Però deve dimostrare la fattibilità di altre ipotesi. A Cragnotti, che mi chiese un consiglio – ma non ero più Sindaco – proposi una soluzione che secondo me sarebbe stata – per l’epoca – razionale: l’area di Tor Vergata.
Avevamo tenuto lì le Giornate Mondiali della Gioventù, era stata in grado di accogliere quasi 2 milioni di persone. Con collegamenti adeguati, è a metà strada tra i quartieri popolari di Roma Est, e l’area dei Castelli Romani. Si sarebbe scongiurata ogni speculazione, perché si tratta di terreni pubblici. Ed evitata la frittata delle piscine per i Mondiali di Nuoto, costruite qualche anno dopo, e da allora rimaste una cattedrale nel nulla. Come finirà? Non lo so. Penso che anche i bookmaker rifiutino le scommesse…”.