Rinnovare gli stadi e in fretta. Dovrà essere questa necessariamente la priorità dei club di Serie A, bisognosi di incrementare i propri ricavi, finora basati quasi esclusivamente sul mercato più ricco, ovvero quello dei diritti tv.
ASCOLTI IN CALO
Da questi ultimi, come noto, arriva circa la metà degli introiti di squadre come Juventus, Roma e Inter, per una media che, relativamente a tutto il massimo campionato nostrano, si attesta al 61%. In vista dei rinnovi della Champions e della serie A per il triennio 2018-2021, stamane La Repubblica ha dedicato alla questione un’attenta analisi.
Nella stagione 2015-1016 – scrive il quotidiano romano – gli ascolti tv sono calati del 6% con 19 milioni di telespettatori in meno. Motivo per cui già Pier Silvio Berlusconi ha annunciato l’addio di Premium al calcio, o meglio “di partecipare alle aste dei diritti di quest’anno, ma senza svenarsi e solo in presenza di un pacchetto preparato ad hoc per la propria emittente”. A partire dalla prossima Champions League, inoltre (vista anche la perdita della sponsorizzazione di Unicredit a partire dal 2018), l’Uefa vorrebbe incassare 300 milioni all’anno, con un incremento del 28% rispetto al triennio precedente. Adesso bisognerà dunque vedere come si muoverà Sky, che questa volta potrebbe essere affiancata nell’asta (a un costo verosimilmente inferiore alla cifra spesa da Mediaset) anche dalla Rai, che dovrebbe pagare il 40% del pacchetto, acquisendo la diretta in chiaro di almeno un match e lasciando il 60% e la diretta esclusiva di tutte le partite alla pay tv. In questo modo, però, la tv di Stato perderebbe tutto il campionato di Formula 1 e probabilmente anche la Coppa Italia.
Da tenere in considerazione anche le mosse delle emittenti in streaming, sia italiane che europee, che potrebbero scombinare non poco le carte ai player tradizionali. Già lo scorso 22 dicembre Facebook ha trasmesso una partita di Lega Pro, ottenendo quasi 50 mila visualizzazioni sulla pagina social di Lega Pro, 145 mila utenti raggiunti e oltre 25 mila interazioni. Non è da meno Twitter, che ha già cominciato a investire sui diritti della Nfl, la National Football League, che valgono circa 7 miliardi di dollari. In più, in Germania, Austria e Svizzera c’è Dazn, la «Netflix del calcio», piattaforma in streaming lanciata dal gruppo Perform (media company nata nel 2007 che produce e distribuisce contenuti di tutti gli sport attraverso un unico canale digitale) che si è aggiudicata i diritti per la Premier League, la Liga, la Serie A e la Ligue 1, per un abbonamento mensile da 9,99 euro.
Le pay tv hanno dimostrato anche a loro spese di poter fare a meno della Champions League, ma non della serie A, voce ancora primaria del palinsesto (e dei conti) della televisioni. Qualcuno se ne aggiudicherà certamente i diritti (per una cifra vicina ai 450 milioni l’anno). Occorrerà però far presto, soprattutto ora che l’Antitrust ha deciso di non approvare le linee guida per la vendita centralizzata dei diritti tv della serie A e delle competizioni organizzate dalla Lega Serie A perché l’offerta «non appare convincente sotto i diversi profili relativa alla disciplina sostanziale antitrust». Luca Lotti, ministro dello Sport sta preparando un decreto legge per cercare di mettere ordine sulla questione. Ma i tempi, appunto, sono stretti e il rischio è che l’asta per la Champions venga fatta prima della serie A, togliendo risorse al campionato nazionale.