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TEMPI BELLI – Quaranta punti di non ritorno

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così ci siamo arrivati: quaranta punti, la Lazio è salva! Ha detto qualcuno scherzosamente. E non polemicamente, stavolta, ma solo per ricordare, giustamente, da quali basse aspettative si era partiti in questa stagione.

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E’ vero, la vicenda Bielsa, al di là dei torti e delle ragioni individuali, aveva toccato un punto inedito, basso e scomodo da valutare. Corteggiare un tecnico fino al 9 luglio e farsi dare il due di picche, anche volendo affibbiare sulle sue spalle il ruolo esclusivo di brutto e cattivo, è sicuramente duro da mandar giù. A togliere le castagne dal fuoco ci ha pensato un Simone Inzaghi che, invece di essere ringraziato a vita per aver tolto la Lazio, accettando un incarico difficile, da un impasse che poteva provocare cataclismi, continua ad essere da molti mal digerito, atteso al varco della prima sconfitta per sfogare su di lui rabbie ormai ataviche.

Punto di non ritorno, si era detto dopo Bielsa. Ma anche dopo la stagione scorsa, e dopo innumerevoli altre situazioni che hanno visto invece i punti ritornare, eccome, ciclici. La Lazio sa rialzarsi, “ben altre scosse ha sorretto il mio castello”, soprattutto se ci sono le spalle larghe, straripanti, di Milinkovic-Savic, uno che per mezz’ora scarsa di confusione tattica contro il Crotone era di nuovo in croce, pronto ad essere bollato da “sopravvalutato”.

Una partita come quella del serbo sarebbe stata riprodotta in DVD, all’epoca in cui i giornali rifilavano paccottiglia su disco ogni tre per due (ora invece hanno invaso ogni altra tipologia di articolo commerciale, dai pupazzetti ai fornelletti elettrici della squadra del cuore). Qui si storce sempre il naso, forse perché si è al punto di non ritorno: se le cose vanno bene, come ca**o faccio a dire io te l’avevo detto?

E non sottovalutate la questione, che è uno dei maggiori motivi che fanno franare i matrimoni, per dire. Io c’avevo ragione, che il resto del mondo sprofondi. E invece la Lazio a questo punto di non ritorno non ci arriva mai. Il problema magari è un altro: continuare a dare la colpa a Inzaghi, Pioli, Petkovic, Reja, Rossi, perché non arrivano i rinforzi a gennaio, è un po’ come incolpare i controllori del fatto che non passa l’autobus. L’azienda è la stessa, ma le responsabilità sono diverse. Simoncino si è preso le sue, alzando un gigantesco dito medio verso chi l’ha seppellito di improperi prima ancora che potesse dire buongiorno: ora che la classifica offre occasioni inaspettate, qualcun altro dovrebbe prendersi le sue, altrimenti invece di arrivare al punto di non ritorno, finiremo come al solito allo stesso punto.

Fabio Belli

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