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Parte 2 – Le promesse di Diaconale sullo Scudetto del 1915, mercato e obiettivi stagionali

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Ecco la seconda parte dell’intervista del responsabile della comunicazione biancoceleste Arturo Diaconale:

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Quest’anno la Lazio ha dato un sostegno tangibile alle zone terremotate. Continuerete a dar seguito a queste iniziative di solidarietà, magari allargando il campo oltre al sisma che ha duramente colpito il Centro Italia?
“Queste iniziative sono fondamentali all’interno di una società. La Lazio ha una tradizione storica che la porta ad essere la più antica della Capitale, che la pone ad essere tra le più storiche del panorama europea. Credo debba continuare a svolgere iniziative a supporto dei fattori di sostegno a favore delle popolazioni svantaggiate di ogni parte del mondo. Credo che la società si stia muovendo in questa direzione e l’attività svolta anche per volere diretto da parte del presidente Lotito in favore di Amatrice credo che ne sia un segnale concreto”. 

Tornando alle cose di campo, la Lazio piace e permette di sognare. Adesso che si sta ritrovando unione e compattezza è il momento di non rompere questo giocattolo, visto che iniziano ad essere tante le voci di mercato fastidiose che seminano incertezza e paure. Possiamo smentire che la Lazio voglia cedere i suoi big a gennaio?
“Smentire che la Lazio voglia svendere o cedere i suoi big è scontato. Le voci lasciano il tempo che trovano, bisogna attenersi ai fatti. Al momento non ci sono indicazioni per il mercato di gennaio, il calciomercato deve essere vissuto come un’opportunità. La permanenza di calciatori come Biglia e Keita rappresenta la volontà di società ed allenatore. Solo un’offerta davvero scandalosa e fuori mercato potrebbe cambiare le valutazioni, ma l’obiettivo non è fare cassa e riportare la squadra a centro classifica, ma esattamente il contrario e riportare il più in fretta possibile la Lazio verso l’alta classifica che le compete. Le esigenze della società possono aver anche portato a determinati sacrifici, ma la società è sempre cresciuta e vuole lottare per obiettivi sempre più ambiziosi. Seminare il panico e parlare di big ceduti può creare clamore ed attenzione mediaticamente, ma poi bisogna raffrontarsi con la realtà dei fatti”.

La vicenda sullo Scudetto del 1914/1915 sta arrivando ad una fase culminante. Come si sta muovendo la Lazio e che posizione sta assumendo in merito, per quello che è un volere popolare come stabilito dalla petizione e dalle 33.000 firme raggiunte?

“Ci sono tre livelli da valutare. Innanzitutto quello Scudetto è sacrosanto, lo hanno dimostrato le carte. In seconda battuta ritengo che quello Scudetto la Lazio lo abbia già moralmente acquisito. Nella stele che abbiamo inaugurato il 4 novembre, nel giorno dei caduti, non siamo riusciti ad inserire neppure tutti i nomi dei ragazzi laziali che hanno dato la vita per la Patria. Il terzo livello riguarda i rapporti istituzionali. Il presidente Lotito fa parte del Consiglio Federale come consigliere. Come società vogliamo quello Scudetto e lo rivendichiamo, ma Lotito deve essere giudice terzo nella vicenda. Essendo il presidente molto rispettoso verso la legalità si muove con grande cautela, ma senza ombra di dubbio lotteremo per avere ciò che ci spetta”.

Da laziale, quali sono i tre momenti più belli vissuti nella sua vita?
“Ognuno ha i suoi, il primo l’ho vissuto da bambino, quando mio padre trasferito per lavoro a Padova mi portò a vedere la Lazio giocare. In una scuola in cui venivo massacrato per il mio accento romano, il tifo per la Lazio era un fattore ancor più distintivo. Tra l’altro la Lazio, pur subendo la forza del Padova di Nereo Rocco, vinse segnando in contropiede con Selmonsson e fui l’unico laziale sugli spalti ad esultare. Poi l’anno magico, lo Scudetto del 1974 con Maestrelli e Chinaglia e quindi la Lazio di Fascetti. Il gol di Poli contro il Campobasso, che fece svanire l’incubo di piombare in un baratro da cui difficilmente la squadra sarebbe riemersa. Anche quella fu una Lazio eroica”.

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