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L’ex Delgado: “Ero il pupillo di Mancini, che emozione l’arrivo alla Lazio e l’esordio in A”. Poi su Lotito…

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Chissà quanti tra i tifosi biancocelesti se lo ricordano. Si chiama Alfonso Roberto Delgado, attaccante e che ha esordito in Serie A nella Lazio di Roberto Mancini. Spagnolo di Tenerife, ma italiano di adozione, in un’intervista a ‘Gianlucadimarzio.com’, ha ripercorso la propria carriera, dall’attuale esperienza con l’Albalonga, in Serie D (“Stiamo volando, abbiamo una grande squadra costruita per far bene. Vogliamo la Promozione! A 30 anni voglio togliermi un’altra bella soddisfazione“) agli inizi con l’aquila sul petto: “Ho giocato quasi tutte le partite della Coppa Italia vinta nel 2004. A casa conservo ancora la medaglia, me la tengo stretta. Ero il pupillo di Mancini, mi ha fatto esordire in A a 17 anni. Giocavo in Primavera, segnai due gol alla prima squadra e mi disse che sarei salito con loro, perché secondo lui ero pronto per la Serie A. Totalizzai 5 presenze (nella stagione 2003/04 ndr), poi l’anno successivo se ne andò all’Inter e non riuscii a seguirlo. Peccato“.

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Poi arrivò Lotito: “Mi mancavano due anni alla fine del contratto, visto che con Cragnotti avevo firmato per cinque anni. Ero quello che guadagnava meno, ma Lotito mi disse che avrei dovuto ridurmi ulteriormente l’ingaggio. Io rifiutai e il rapporto si incrinò, tanto che venni messo fuori rosa. Avevo anche delle offerte, ma la Lazio le respinse. A quel punto andai a Potenza, poi giocai tre anni e mezzo all’estero tra Cluj e Vaslui. Sono state esperienze stupende, che rifarei. Ho giocato in Europa League, ho vinto la Coppa di Romania, poi, dopo la nascita del mio secondo figlio, ho capito che era meglio tornare a casa“. A proposito di figli, il classe ’86 rivela un sogno nel cassetto: “Ora ho due bambini, Lorenzo e Leonardo (3 e 5 anni). Mi piacerebbe che almeno uno dei due seguisse le mie orme e diventasse calciatore. Altrimenti sono guai. Il ricordo più bello resta però l’esordio in Serie A contro il Siena. Incredibile, emozionante, unico. Poi giocai all’Olimpico contro l’Inter, davanti ad 80mila persone, e feci un assist ad Albertini, magnifico. Come compagni di squadra avevo Giannichedda, Claudio Lopez, Fiore, Couto, Simone Inzaghi oggi allenatore, che mi dava molti consigli. Anche Corradi, un professionista serio. Infine Cesar, fortissimo, come Mihajlovic. Stam? Mamma mia, con lui non la prendevi mai. Dico mai eh, un muro. Mi ha impressionato“. Un approdo nella Capitale giunto davvero in tenera età: “Avevo 8 anni, la Lazio giocava in Coppa Uefa contro il Tenerife, mentre io avevo un torneo con la mia squadra. Un dirigente mi vide, disse che ero bravo e mi portò in Italia. Dopo 15 giorni di prova entrai alla Lazio. Sono stati dei momenti fantastici, davvero. Allora sono cresciuto sia sul lato umano che calcistico. Era un bel gruppo, poi, appena arrivato, mi facevano un sacco di scherzi, visto che ero il più piccolo. Alcuni di loro li sento ancora, d’estate facciamo qualche partita a calciotto. Con Angeletti (ex Lazio Primavera, terzino classe ’86 ndr) giochiamo insieme all’Albalonga. Con Mancini invece anni fa ci siamo incrociati, si ricordava ancora di me”.

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