Tra due giorni ricorrerà una data nefasta per i colori biancocelesti e per tutto il mondo calcistico (e non solo) italiano. 9 anni fa infatti, presso l’autogrill di Badia al Pino, veniva ucciso il tifoso laziale Gabriele Sandri.
A due giorni dall’anniversario di quella tragica data, il fratello di Gabriele, Cristiano, è intervenuto sulle frequenze di Radiosei per parlare del futuro della Fondazione dedicata alla memoria del fratello e del momento della Lazio. Una prima battuta sulla situazione in casa Lazio: “L’ultima volta che ci eravamo sentiti ero molto preoccupato, erano i giorni successivi alla vicenda Bielsa e non era stato fatto mercato. Ora la Lazio sta facendo bene ma conosciamo già quanto accaduto in passato. Acquisti in gennaio? Non riesco ad essere certo che arrivino altri calciatori, troppe volte siamo stati illusi”. Cristiano Sandriha poi parlato riguardo il futuro della Fondazione: “Stiamo attraversando, parlo come famiglia, un momento di attenta riflessione. Nel 2017 entreremo nel decimo anno dalla morte di Gabriele, il Cda della fondazione è in scadenza e, proprio in tal senso, domani incontrerò il capo della segreteria della sindaca Virginia Raggi, il dottor Salvatore Romeo. Il percorso della Fondazione poteva e doveva essere accompagnato con un cammino diverso, intendo dire che l’attività della stessa andava “spersonalizzata” dalla nostra famiglia, la Fondazione non può dipendere essenzialmente da due sole persone, anche perché, come era facilmente immaginabile, dopo l’emotività seguita alla morte di Gabriele, era normale che l’attenzione lentamente scemasse. Con la fondazione sono cresciuto e come uomo mi sento arricchito, penso ai diversi gruppi di donatori sangue in tutta Italia, e ringrazio chi ha gestito questi momenti importanti che non sempre sono stati adeguatamente sottolineati”. Portare avanti una Fondazione del genere non è un compito semplice: “La Fondazione ci ha aiutato a superare l’accaduto? Era stata pensata come modalità per ricordare Gabriele con iniziative positive, si è costituita proprio come fondazione per strutturarla a livello nazionale piuttosto che con un’associazione o con un comitato promotore. Abbiamo fatto molto per far emergere la cultura del calcio, per non far apparire il tifoso solo come semplice becero che accompagna 11 scemi in mutande come da pensiero radical chic. Ripeto, la Fondazione forse doveva esser spersonalizzata, perché noi avremmo comunque l’affetto della gente. La fondazione deve trovare una missione diversa rispetto a quella che, in qualche modo, siamo stati obbligati a collocarci. Sostanzialmente portare avanti la Fondazione nel tempo è diventato quasi il nostro primo lavoro, se la Fondazione deve esistere ciò accadrà su altri presupposti. Una cosa così importante va portata avanti in un modo importante, con un sostegno diverso rispetto a quanto accaduto finora“.