Quelli che dicono che la sfortuna non esiste ci sono. Di solito, come profilo di persone, sono quei gradassi tipo quelli che hanno insultato Bebe Vio in settimana. Gente talmente presuntuosa da pensare di bastare a se stessa, ma solitamente sono anche quelli che quando gli muore una prozia di terzo grado non vanno al lavoro per una settimana.
“Il mal di denti mio è più forte del tuo“, diceva un saggio, e così c’è tutta una serie di persone che ama ricordarti come anche senza braccia e senza gambe lagnarsi sia un gesto da deboli e vivi, poi ovviamente il loro insopportabile giradito ispirerà libri e film. Eppure, è da esempi come la Vio e Zanardi che si capisce che la fortuna e la sfortuna sono in effetti relativi, e che la forza dell’uomo all’interno di sé è straordinaria.
Ma per quanto relativi, esistono. Il calcio è una splendida metafora della vita per le similitudini che porta con sé, non certo perché i calciatori possano insegnare alcunché a nessuno. Il pallone che rotola è come la scatola di cioccolatini di Forrest Gump: quando sei in mezzo al campo, non sai mai quello che ti capita. Alla Lazio, certo, capitano sempre le stesse cose. A leggere la lista di infortuni, di episodi negativi, di gol incassati e di decisioni che lasciano l’amaro in bocca.
Eppure, solo una settimana fa era stato un rigore molto controverso a ridare fiato ad una partita che a sua volta era stata una “summa” di tutte le sfortune laziali. E anche a Torino la squadra stessa non ha dimostrato che, a fronte di sei titolari in infermeria, di un gol tagliagambe subito a metà primo tempo e di un avversario col vento in poppa, si può reagire e cambiare il proprio destino? Quando a farlo poi, senza nulla togliere al gol di Immobile che resta il più bello di questo inizio di campionato della Lazio, è un altro dei fiori più belli di Roma, il ragazzo di una Primavera sbocciata tutta insieme, allora è tutto più facile. Anche digerire un rigore beffardo al novantaduesimo. C’è sempre una nuova stagione, c’è sempre una nuova partita. E la dea sfortuna in fondo non è un essere tangibile, ma solo uno stato mentale. Esserne al corrente semplifica, far finta che non esista aiuta, affrontarla a viso aperto rende uomini veri.