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Gabriella Grassi: “Nel ’74 lo scudetto più bello. Cragnotti grande uomo: sceglieva i giocatori per il loro cuore

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E’ stata la segretaria storica degli anni più belli della storia biancoceleste. Gabriella Grassi, nel giorno del suo compleanno, è intervenuta sugli 88.100 di Elleradio nella trasmissione “Laziali on Air”, per aprire il suo personalissimo album dei ricordi, ma anche per parlare di Lazio-Bologna e del momento attraversato dalla squadra di Simone Inzaghi.

Quali i tre momenti più belli vissuti da laziale?Lo Scudetto del 1974 che nessuno si aspettava nonostante il grande exploit dell’anno prima, con la delusione a Napoli quando Juliano ci disse ‘Non vi possiamo dare il punto, la Juventus è arrivata prima di voi ‘, a quarant’anni di distanza si può dire. Sicuramente anche lo Scudetto del 2000, frutto di una programmazione e di idee, oltre che del lavoro di un grande uomo come Sergio Cragnotti, che dava fiducia alle persone che riteneva meritevoli. Quando proposi il ritiro in Giappone nessuno aveva mai osato una mossa del genere. Ricordo quando andavo assieme a Zoff a Nyon a rappresentare le società, c’era una grandissima fiducia nei miei confronti e la sentivo costantemente. Anche di Zoff nutro un bellissimo ricordo, lui rappresentava la statura internazionale del club, io invece ero l’anima combattiva del club, spesso litigavo con i rappresentanti della UEFA quando c’era qualcosa che non andava”.

La partita col Bologna è un’occasione persa o un punto guadagnato? Sicuramente è un’occasione persa, nel secondo tempo la Lazio ha giocato molto bene e meritava la vittoria. A tratti la Lazio di Inzaghi mi sembrava confusionaria. La squadra è molto giovane e a tratti può sbagliare, ma ha anche grandi margini di miglioramento. Ritengo che il ritorno in Europa League possa essere l’obiettivo più realistico per la squadra così come è stata costruita”.

Ci si poteva aspettare un Simone Inzaghi con una carriera da allenatore di fronte a se? “No, Simone ha un carattere non fortissimo, è una persona molto dolce ed educata, ma in alcune circostanze anche fragile. Mihajlovic giocava in ogni circostanza, lui impiegava anche qualcosa in più da rientrare da un infortunio”.

Quali sono i giocatori che hanno il maggiore appeal in questa Lazio? “Mi piace molto Biglia, ha una classe sopraffina. Amo anche Parolo, i giocatori di carattere, quelli dalle sue caratteristiche. Quando gioca bene apprezzo molto Keita, anche se per 25-30 milioni, come dicono i giornali, lo porterei a chi lo richiede in carrozza coi cavalli bianchi. Al momento poi lo vedo un po’ in rotta con l’ambiente Lazio. Forse questo non è più l’ambiente ideale per lui per crescere. Anche i procuratori hanno il loro peso in certe situazioni”.

Quali sono stati i migliori attaccanti nella storia della Lazio? “Sicuramente Bruno Giordano e Giorgio Chinaglia. Marcelo Salas aveva qualcosa in più degli altri, per non parlare di Beppe Signori che era una vera forza della natura. Salas è una persona eccezionale anche dal punto di vista umano. Lovati quando andava a visionare un giocatore all’estero valutava anche l’aspetto del comportamento, ci andava insieme a cena, cercava di capirne la personalità a trecentosessanta gradi. A volte alla Lazio era il cuore che faceva la differenza. Quando Chinaglia era presidente, ci fece intendere che avrebbe portato il presidente della Warner. Passammo una giornata intera a preparare l’accoglienza per questo potente personaggio americano. Dopo ventiquattro ore di lavoro febbrile Giorgio ci avvisò che era già ripartito senza neanche parlare del club. Non c’erano soldi, ma l’amore per la Lazio ci faceva andare avanti nel lavoro senza sosta”.

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