Buona parte della sua carriera da calciatore l’ha spesa con la maglia del Bologna, club che ha anche allenato nella sua lunga esperienza da allenatore. Franco Colomba è senz’altro il protagonista ideale da interpellare in vista di Lazio-Bologna. Il tecnico è intervenuto a questo proposito sugli 88.100 di Elleradio nella trasmissione “Laziali on Air”.
Domenica la Lazio potrebbe consolidare una situazione di classifica già sorprendente, ma si troverà di fronte un Bologna insidioso seppur protagonista di un avvio di stagione a fasi alterne: “La Lazio mi sembra una squadra già capace di trovare un buon equilibrio in questa fase iniziale, sopperendo anche ad un’assenza importante come quella di Biglia, il che mi sembra di buon auspicio per il resto del campionato. Il Bologna viene da una sconfitta un po’ particolare contro il Genoa condizionata anche dall’inferiorità numerica, ma è una squadra rapida, con molti giocatori capaci di saltare l’uomo anche se sul fronte offensivo l’assenza di Destro potrebbe pesare non poco”.
A centrocampo quali sono i punti di forza della Lazio? “Il reparto è sicuramente interessante, la Lazio è ricca di giocatori di qualità. Cataldi è uno dei giovani più promettenti del calcio italiano, Parolo è un giocatore che riesce a regalare alla squadra intensità e qualità, si è visto come è cambiata la partita dell’Italia contro la Macedonia dopo il suo ingresso in campo. Sa combattere a centrocampo, ma anche inserirsi offensivamente. Chiaro che un playmaker come Biglia non si sostituisce facilmente, ma Inzaghi anche senza l’argentino è riuscito a mettere comunque in campo un centrocampo affidabile”.
Il tridente Keita, Felipe Anderson e Immobile è imprescindibile? “Stiamo parlando di tre cavalli di razza, è ovvio che ci sono partite in cui i tre attaccanti devono anche essere utili al gioco di squadra ripiegando in fase difensiva, se questo non avviene l’allenatore può anche compiere scelte tattiche diverse. La qualità dei tre non si discute, in base alla tipologia di avversario da affrontare si può poi scegliere di coprire meglio la squadra”.
La Lazio ha dato l’impressione di imporre il proprio gioco o di esprimersi meglio di rimessa? “Penso sia sempre tutto legato all’avversario che si affronta, ci sono squadre che impongono il proprio gioco e ti costringono ad aspettare e ripartire, altre che non hanno la forza di fare la partita e allora bisogna essere più propositivi. Secondo me è fondamentale saper far bene entrambe le fasi, riuscire a produrre gioco, ma all’occorrenza anche attendere e colpire, sfruttando le caratteristiche dei vari giocatori in rosa”.
E’ possibile che sia bastato il solo De Vrij a cambiare il volto della difesa della Lazio? “Ci sono delle annate in cui bastano due-tre situazioni negative a condizionare tutto. Un uomo guida può cambiare faccia ad un intero reparto, è chiaro che oltre al rientro di De Vrij possono essere mutati altri fattori, si è lavorato sulla fase difensiva per aiutare i singoli ad esprimersi e mettere in luce le proprie qualità”.
A quali obiettivi può ambire la Lazio? “E’ passato ancora troppo poco tempo per decifrare dove potrà arrivare la squadra. Di certo le premesse sono buone, al ritorno in Europa League si può sicuramente ambire anche perché alcune grandi al momento sono ancora discontinue. Se si sapranno sfruttare i passi falsi altrui la Lazio potrà dire la sua, ma bisogna aspettare almeno metà campionato per definire obiettivi certi e parlare di Europa”.
Da giocatore, quale avversario della Lazio ha temuto di più? “Io collego sempre la Lazio a un giocatore come Vincenzo D’Amico, un fenomeno vivente calcisticamente parlando che ha ottenuto meno di quanto meritasse, probabilmente. E ricordo anche Alessandro Iannuzzi, che ho allenato a Reggio Calabria. Aveva i numeri del talento assoluto, a tratti mi ricordava Zico, ma non è riuscito a venir fuori come avrebbe meritato”.
Il giorno dello Scudetto del 2000 era in panchina, alla guida della Reggina. Uno stadio totalmente diverso rispetto a quelli di oggi, ormai svuotati: “Sicuramente l’offerta eccessiva di calcio non aiuta. Ogni giorno ci sono partite, in un momento di crisi e in cui i prezzi dei biglietti non sono di certo abbordabili è difficile essere sempre presenti. Non è poi più possibile innamorarsi di un campione, identificarsi in chi scende in campo, come accaduto ad esempio al Napoli col caso Higuain. L’eccesso dell’offerta, dei cambiamenti e i tanti scandali alla fine hanno scavato nel profondo della passione dei tifosi”.