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Cara Sindaca Raggi, rifiutare la maglia della Lazio significa anche rifiutare…

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Cara Sindaca Raggi

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Sono un cittadino e sono un tifoso laziale. In quest’ordine, e non come accade dall’altra parte in cui spesso si è prima tifosi dell’altra squadra della città e poi giardinieri, infermieri, impiegati, dirigenti, autisti o studenti, e fanno pesare questa inversione gerarchica ogni giorno in ogni occasione. Il calcio è una parte delle mie passioni, ma le cose importanti nella vita, come diceva nonna, sono altre.

E anche i problemi per lei in questi giorni non mancano: non è questa la sede giusta per parlare di eventuali mancanze o errori da parte sua, né per valutare se è vero o meno che i cosiddetti poteri forti o la stampa si stanno accanendo sul Movimento che lei rappresenta. Ci sono penne più esperte in materia della mia per analizzare i fatti.

Non da giornalista, ma da cittadino e da tifoso laziale, una cosa invece mi ha dato molto fastidio e sento di poterne parlare: il suo rifiuto ad accogliere in regalo semplicemente una maglia della Prima Squadra della Capitale, che per prima ha portato il gioco del calcio in questa Urbe dalla storia millenaria. Un rifiuto nato da una folle idea di equidistanza che sembra non dare il minimo spazio all’empatia dei tifosi e a cosa le due squadre cittadine rappresentino per milioni di cittadine.

Sin dalla campagna elettorale, probabilmente consigliata dalle migliori menti del suo staff, si è affrettata a smentire le simpatie laziali che le venivano attribuite. Non nascondendo certo, le va dato atto, quelle della sua famiglia, con marito e figlio orgogliosamente biancazzurri. Tifo dei familiari ribadito con schiettezza anche durante l’incontro col presidente dei dirimpettai, in Campidoglio. Ma affrettandosi al tempo stesso di nuovo a sottolineare il suo agnosticismo.

Cara Sindaca, la maglia che la Lazio aveva inviato a suo figlio era un gesto di inclusione e di benvenuto da parte di un sodalizio che rappresenta la sostanza stessa della città. Nata su una panchina in Piazza della Libertà, per 116 anni (ormai quasi 117) è stata indossata da personaggi che hanno fatto la storia della città di Roma, seppur in un ambito ludico e popolare come quello sportivo. E’ stata l’unica maglia a portare il nome di Roma a vincere nel calcio in Europa, è stata Ente Morale durante la guerra, è stata simbolo e sentimento di una parte della città. Rifiutare la maglia della Lazio significa rifiutare l’essenza stessa di Roma, significa rifiutare di appartenere a un qualcosa che rappresenta le radici della città: per quanto ormai svilito dalla modernità, il calcio è ancora espressione popolare di gioia e appartenenza per la gente molto più di quanto non lo sia la politica, ad esempio.

E allora le consiglio: lasci la par condicio alla politica. Certo, ci sono anche gli altri: ma essere Sindaco significa abbracciare entrambe le anime della città, non rifuggirle per non urtare chissà quale sensibilità. Si immagina se un giorno le venisse donata, simbolicamente, la maglia del capitano della squadra che ventisette anni dopo la fondazione della Lazio ha visto nascere un derby che tra meno di tre anni compirà i novant’anni di vita? Lei la rifiuterebbe? Mi lasci pensare, forse sbagliando, che in quel caso le sue mire di equidistanza svanirebbero di fronte ai soliti discorsi di opportunità.

Non credo, vista anche la composta risposta della società, che si possa certo parlare di incidente diplomatico. Ma rifiutando una maglia della Lazio lei non offre impressione di equità, ma rifiuta una parte dell’anima di questa città. N0n cada anche lei nel trabocchetto di chi pensa che i laziali, “pochi“, “scozzesi in terra inglese” siano un peso morto in chiave elettorale, da rifuggire come la peste. Non faccia come il Sindaco che scese in piazza imbandierato quando l’altra squadra della città aveva vinto lo scudetto contro la sua vera squadra del cuore.

Un altro Sindaco invece laziale, senza ripeto includere valutazioni politiche, sedette elegantemente composto alla nostra festa, un anno prima, perché rinnegare una fede a cosa sarebbe servito? Sia orgogliosa della lazialità del suo giovane figlio: se lei davvero non è tifosa ci penserà il papà a coltivarla, ma non faccia passare il messaggio, sbagliato, che essere laziale sarebbe “compromettente” per la sua mamma. Gliela porti quella maglietta, perché quando si troverà a che fare con quegli altri colori, altrimenti, si dovrà tirare indietro per non diventare davvero la Sindaca di una sola parte della città. Di solito, non è mai una scelta vincente: speriamo che il suo staff se ne accorga.

L

a saluto.

Fabio Belli

 

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