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Felipe, parla il primo allenatore: “È nato poverissimo, ma ha sempre avuto un grande talento”

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Da Brasilia alla Lazio, fino ad arrivare al sogno olimpico di Rio 2016 (dove oggi esordirà con il Brasile U23 contro il Sudafrica, al Manè Garrincha Stadium). Ne ha fatta di strada Felipe Anderson, ma il viaggio, soprattutto all’inizio, non è stato tutto rose e fiori. A confermarlo, ai microfoni di ESPN.com.br, il sergente Leviston, coordinatore della scuola calcio dove il numero 10 biancoceleste ha mosso i primi passi in questo mondo: la scuola calcio ‘Kandango‘ di Santa Maria, gestita dal 26’ battaglione della Polizia di Brasilia, creata per allontanare i bambini dalla pericolosa tentazione della droga.

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Ha incominciato a giocare nella nostra scuola tra i sei e i dodici anni. Il progetto che portiamo avanti è quello di allontanare i ragazzi dalla strada e Felipe c’è riuscito magnificamente, a differenza purtroppo di altri. Il nostro progetto è quello di avvicinare la comunità alla polizia per creare cittadini modello. Purtroppo i giovani della comunità di Santa Maria vengono reclutati dalla criminalità organizzata per i suoi traffici e cerchiamo in tutti i modi di proteggerli con questi progetti sociali. Felipe viene a trovarci ogni volta che torna in Brasile, evidentemente per ringraziarci per il suo successo professionale, il che non può che renderci orgogliosi. Fin da piccolo, ha mostrato un talento fuori dal comune, è un ragazzo semplice che proviene da una famiglia poverissima. Il papà era un netturbino, ma non ha mai voluto che lui lavorasse per aiutare economicamente la famiglia. Poi Felipe è finito al Gaminha e, durante un torneo giovanile, il Santos ne notò le qualità indiscusse e gli fece firmare il primo contratto da professionista. La sorella Juliana, che nel frattempo si è laureata in diritto, ne gestisce la carriera. La famiglia lo ha sempre accompagnato e lo ha sempre seguito, a ogni partita“. Dieci  anni dopo, Felipe torna dunque nella ‘sua’ Brasilia con la casacca verdeoro: il suo sogno (e quello di tutti coloro che l’hanno  conosciuto) può dirsi compiuto.

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