A Formello è stato il giorno della presentazione del nuovo responsabile della comunicazione della società biancoceleste. Arturo Diaconale, conosciuto giornalista politico cresciuto alla scuola de “Il Giornale” di Indro Montanelli, attualmente nel consiglio di vigilanza della Rai, è stato chiamato dalla Lazio per arricchire un organico societario apparso carente e che dopo Angelo Peruzzi si amplia con un nuovo tassello.
Alcune parole di introduzione da parte del presidente Claudio Lotito: “E’ in atto nella Lazio una ristrutturazione della società, funzionale a una crescita organizzativa e a un miglioramento della qualità delle persone chiamate a ricoprire certi ruoli, che devono avere una maggiore autorevolezza. Arturo Diaconale è mio amico da tempi non sospetti, all’incirca dal 1988: averlo portato qui è una scelta di qualità da parte della società senza dimenticare i meriti di chi ha lavorato nella comunicazione precedentemente. Quando sono arrivato qui la società non aveva nulla: né una radio, né una televisione né un giornale ufficiale: un lavoro svolto dalla società ma anche e soprattutto da Stefano De Martino.
Crescendo la società ha bisogno di strutturarsi: la Lazio ha svolto un lavoro esemplare dal punto di vista societario, ma il lavoro della comunicazione non è mai stato riconosciuto. Per questo ho deciso di avvalermi di una professionalità di valore assoluto, che possa aiutare a far rappresentare il vero lavoro della società, quando spesso vengono messi in luce solo gli aspetti negativi. Questo significa che degli aspetti della comunicazione non funzionano: c’è una parte della stampa attorno alla Lazio che ricostruisce in maniera artificiosa i fatti. Voglio che questi errori siano prevenuti ed evidenziati da una persona differente dalla mia: una figura che possa svelenire l’ambiente e far fronte anche alle critiche, quando giustamente arriveranno. Ma come ha detto Peruzzi, la polemica fine a sé stessa è puerile, se non addirittura tesa verso altri obiettivi artificiosi.
Arturo Diaconale sarà dunque il responsabile della comunicazione, con Stefano De Martino che parallelamente continuerà nella sua opera meritoria. Ho deciso di ascoltare i suggerimenti costruttivi: Arturo Diaconale è la persona giusta per aprire una stagione nuova, tesa al dialogo ma anche al rispetto dei ruoli. Una nuova epoca basata sull’autorevolezza, di giornalisti che possano confrontarsi con l’oggettiva statura professionale di Diaconale. Ricominciamo da capo: De Martino non deve essere il capro espiatorio delle cose che non funzionano nella comunicazione laziale. A lui il compito di gestire i canali ufficiali della società, mentre Diaconale sarà responsabile della comunicazione e portavoce del club.“
Prende la parola Diaconale: “Ringrazio il presidente per la fiducia e la manifestazione di stima appena espressa nei miei confronti. Lo ringrazio anche per un altro aspetto: per l’occasione che offre a un giornalista, tifoso della Lazio da sempre, di occuparsi della società che ama fin da bambino. E’ un doppio ringraziamento davvero sentito da parte mia, non avrei mai immaginato di poter vivere un’avventura del genere.
Chi mi conosce sa che sono una persona di principi e di dialogo: credo in alcuni valori e soprattutto nella possibilità di potermi confrontare con tutti, senza pregiudizi nei confronti di nessuno ma pretendendo la stessa lealtà e lo stesso rispetto che manifesto agli altri. Come si suol dire, sono di buon carattere… ma di carattere. Il compito che mi affida il presidente è un compito estremamente interessante, impegnativo e affascinante. Dobbiamo creare un nuovo clima attorno alla squadra e anche attorno alla sua immagine. Mi ha colpito molto un’osservazione che ha fatto, parlando del Milan, Mario Sconcerti sul Corriere della Sera. Si evidenziava come i tifosi rossoneri fossero andati da Berlusconi a protestare. Ovvero, un presidente che ha fatto la storia, così come Lotito negli ultimi dodici anni ha fatto la storia della Lazio. Presidenti che non sono cinesi, né malesi: che possono prendersi le critiche giornaliere dei tifosi per il semplice fatto che sono qui, presenti come ormai i nuovi capi del calcio non sono più.
Ho molto apprezzato la dichiarazione di intenti dei tifosi della Curva Nord che hanno annunciato di voler tornare allo stadio. La presenza dei tifosi allo stadio riesce a dare senso alla comunità: se posso contribuire a ricostruire questo particolare valore ne sarò particolarmente felice, collaborando con tutte le istanze della stampa. Mi piacerebbe incontrare i giornalisti in maniera non ufficiale, venerdì 19 agosto prima dell’inizio del campionato, per recepire i suggerimenti di tutti. Cominceremo un nuovo percorso che io sono convinto potrà essere importante.“
All’evento Di Padre In Figlio lei ha espresso commozione per il calore della gente laziale. Che cos’è la lazialità per lei e come andrà comunicata a livello di valori? “La lazialità è una storia e una tradizione. Passione e sentimenti che uno si porta dietro sin da bambino. Per me la lazialità è un gol di Selmonsson visto a 11 anni allo stadio di Padova, che mi fece impazzire, unico ragazzino in mezzo a tifosi avversari. Un ricordo di quando nostro padre ci portava allo stadio: bisogna recuperare la possibilità di andare allo stadio in un clima gioioso, non in un clima di guerra. Bisogna recuperare anche quello spirito un po’ aristocratico di una squadra che deve smontare i pregiudizi che girano, la squadra nata al centro di Roma che deve recuperare il rapporto con la sua città. Dobbiamo essere all’altezza della Capitale che rappresentiamo.“
Come si svilupperà il rapporto col presidente Lotito, per ammorbidire alcune ruvidezze nell’ambito della comunicazione? “Ognuno ha il suo carattere: non posso interferire con il carattere di un personaggio poliedrico, vulcanico e vitale come il presidente Lotito. Io non mi permetterò mai di imporre una linea di pensiero al presidente: cercherò però di suggerirgli e favorirgli una maggiore comprensione verso l’ambiente. La mia presenza qui è un atto di fiducia verso il presidente Lotito, che considero un uomo estremamente intelligente.“
Com’è nato il primo contatto con la società? “Il presidente mi ha chiamato il 25 luglio, mentre ero in consiglio di amministrazione in Rai. Lì è nata la proposta e la decisone di parlarne: è un rapporto recente anche se la conoscenza e l’amicizia è ormai trentennale.“
Il presidente Lotito come ha accolto il comunicato della Nord? (risponde Lotito) “Il nostro scopo è quello di riportare la normalità: i risultati si ottengono con l’apporto di tutte le componenti, che sono la società, la qualità dei giocatori, lo staff tecnico, l’organizzazione del club e la tifoseria. Nessuna di queste componenti è esclusa: l’esperienza che ho maturato nelle istituzioni, anche al fianco della Nazionale, mi ha confermato ciò che ho sempre saputo. Il clima attorno alla squadra e all’interno del gruppo è fondamentale. I calciatori non sono automi, sono persone come noi. che risentono anche delle pressioni negative, quando si vengono a creare. Noi dobbiamo fare in modo che l’ambiente, all’unisono, concorra al raggiungimento di certi obiettivi.
Io ho sempre detto che se devo scegliere tra la legalità e il consenso, sceglierò sempre la legalità. Con questa premessa, il consenso se raggiunto è poi straordinariamente bene accetto. In questo devono contribuire anche i mezzi di comunicazione che devono sempre ritrarre i fatti in maniera conforme alla realtà: poi su questa base si può giudicare l’operato in maniera positiva o negativa. Una mia grande soddisfazione è stata portare Lotito in giro a Formello, dopo che lui c’era stato per otto anni: a volte nel centro sportivo mancava anche l’acqua calda, ora persino le siepi, 28 ettari, sono gestite con ordine al millimetro. L’ordine non sempre viene recepito da tutti in maniera positiva: servono regole, imparzialità e ritiro dei privilegi, parole che non piacciono a tutti e che hanno portato a una contrapposizione.
L’importante è che tutte le azioni siano tese al raggiungimento del bene della Lazio: il club non deve essere danneggiato, a prescindere da ciò che si può pensare dal presidente. Le contrapposizioni di carattere personale non devono intaccare il patrimonio della lazialità. A Roma mi dicono che sono un ladro di sogni, nel resto d’Italia vengono riconosciute tutte le mie capacità: non sono ancora andato in vacanza e viene visto quasi come un’appropriazione indebita, una figura padronale legata solo ai propri interessi. Mettiamola così: non siamo stati in grado di vendere bene quello che abbiamo fatto.
De Martino, criticatissimo, ha costruito una struttura mediatica copiata da molte altre società, compresi quelli che arrivano sempre dopo: siamo la prima squadra della capitale e autoproduciamo tutte le nostre componenti mediatiche, radio, tv e rivista. Strumenti per far sentire la voce della società. Eppure tutte queste cose non sono state considerate: persino l’avere una catena di negozi è stata vista come un demerito. Stiamo lavorando per mettere i tifosi in condizione di essere sempre vicini alla squadra. Ho raccolto i suggerimenti dei tifosi, dall’arrivo dell’aquila Olympia alla scritta “La prima squadra della Capitale”: persino il pullman, la Lazio non aveva mai avuto un mezzo di proprietà. I miei progetti, a partire da quando sono arrivato alla Lazio, sono sempre stati portati a compimento.
La cosa più importante è aver salvaguardato la storia di questo club: altre società sono passate attraverso fallimenti, noi siamo quelli che eravamo nel 1900: io sono un uomo libero e il club è altrettanto libero, come forse non lo era mai stato nella sua storia: la Lazio è vista dalle altre società come un’avanguardia, in passato è stata anche costretta a girare con il cappello in mano. Questo con me alla presidenza non è mai successo e non succederà mai: ora ricominciamo a scrivere una nuova pagina per non disperdere il nostro patrimonio ultracentenario.“
Fabio Belli