Sulla querelle dello scudetto di guerra del Campionato 1914/15, interviene Maurizio Martucci, membro della Società Italiana di Storia dello Sport, ideatore e già Direttore della Biblioteca del Calcio e del Festival Nazionale della Cultura del Calcio, scrittore e autore di numerosi saggi di inchiesta sui fenomeni legati alla storia del calcio. Di Martucci è in uscita a settembre il suo nuovo libro sui misteri e storia del calcio romano, dal 1892 ad oggi, dalla teoria sulla genesi massonica della Lazio alla fusione fascista della Roma, con particolare riferimento anche al caso del tricolore conteso:
span style="font-family: Calibri; font-size: medium;">“Non essendoci giocata la finalissima, tantomeno dai raggruppamenti regionali uscirono le finaliste, sia dal girone Nord che dal Centro-Meridionale per via dell’ingresso dell’Italia nella contesa bellica, da tempo la FIGC avrebbe dovuto revocare lo scudetto al Genoa, lasciando vacante il titolo nazionale nella stagione della Prima Guerra Mondiale. Anche come segno di pacificazione. Oggi invece, non per aggiungere un errore ad un altro già compiuto ma per definire una riparazione in grado di consegnare definitivamente alla memoria storia quel difficile momento in cui moltissimi giocatori e atleti sportivi pagarono sul fronte un altissimo tributo di sangue, ritengo giusta una condivisione ex equo con la Lazio, già finalista nelle edizioni del 1913, 1914 e poi anche nel 1923, alla luce delle ultime scoperte contenute nell’attendibile dossier in esame alla Commissione federale.
Sollevai il caso già una decina di anni fa: nella mostra ‘I Pionieri del Calcio 1898-1908’ ne parlai a Genova col Prof. Stefano Massa, esperto e storico della Fondazione Genoa 1893. E poi, qualche anno più tardi, anche a Coverciano con la delegazione genoana intervenuta in un seminario FIGC sui musei del calcio organizzato da Michele Uva, attuale Direttore Generale. Oggi sbaglia il Prof. Massa a parlare di prescrizione e di illegittimità nell’assegnazione ex equo: nel vulnus giuridico dell’ordinamento sportivo, che non disciplina affatto la materia contesa, c’è però un caso similare, un precedente emblematico gestito con saggezza dalla federazione tedesca. Il trofeo del 1894, contestato un po’ come ancora oggi lo scudetto del 1915, venne assegnato 113 anni dopo! E la Deutscher Fussball-Bund appartiene alla UEFA-FIFA, quindi adotta un ordinamento del tutto equipollente al nostro.
In questo caso non bisogna ragionare da tifosi o in termini di campanile: se il mondo rossoblù avesse voluto rivendicare diritti inversi e contrari a quelli biancocelesti, e penso proprio alla Fondazione Genoa 1893 che conta esperti di storia del calcio, avrebbe potuto presentare un memoriale con le proprie controdeduzioni alla commissione straordinaria della FIGC che a giorni dovrebbe pronunciarsi. Perché non l’ha fatto?
Ottimo invece il lavoro svolto dall’Avv. Gian Luca Mignogna, suo il merito di ricollocare nel giusto binario un passaggio storico tormentato e doloroso di cui si erano persi persino i tabellini dei risultati. Il Lucca si ritirò dal girone finale dell’Italia Centrale per problemi finanziari, la Lazio e il Roman vinsero a tavolino i rispettivi incontri coi toscani facendo dei laziali – classifica alla mano – i legittimi finalisti del Centro-Sud, appreso il comprovato annullamento dell’altra pre-finale tra Internazionale di Napoli e Naples, disposto dalla FIGC per irregolarità nel tesseramento dei partenopei. E poi giunse il rifiuto del Genoa ad attenersi alla direttiva federale di anticipare l’ultima gara del girone Nord col Torino, una gara mai disputata, quando proprio i granata erano a due sole lunghezze dai grifoni e pure dall’Inter. Quindi perché il Genoa e non l’Inter? E ragionevole e plausibile questa deduzione: nel 1918, con una delibera scomparsa nel nulla, la FIGC adottò un provvedimento iniquo di natura politica assegnando a tavolino lo scudetto al solo Genoa. Ecco perché avrebbero dovuto poi essere revocato ed ecco perché, in ottica riparatrice, oggi è giusto condividerlo ex equo con la Lazio. Unendo, idealmente come fece il Risorgimento, il Nord al Centro-Sud. Credo sia questo lo spirito con qui verrà definita la questione in FIGC, che lo scorso anno, nel Centenario, scoprì all’Olimpico una stele in ricordo di tutti i calciatori morti nella Grande Guerra.
Nel mio prossimo libro, dal titolo ROMA SPARITA FOOTBALL CLUB, affronterò nel dettaglio il caso dello scudetto di guerra, facendo emergere come un lato sottovalutato, ovvero come all’epoca la federazione fosse apertamente a trazione nordista, attesa comunque l’indiscussa superiorità sul campo di squadre come Casale, Genoa e Pro Vercelli. Una linea federale politicamente iniqua che nel decennio tra il gli anni ’10 e ’20 del secolo scorso veniva ampiamente contestata, tra rumorose polemiche, dalle formazioni del centro sud che a loro volta non risparmiavano nemmeno atti delegittimazione e insubordinazione con veri e propri sabotaggi, cioè facendo saltare i match con la mancata partecipazione. Erano quelli gli anni del cambio da Federazione Italiana Football in Federazione Italiana Giuoco Calcio (1908), dell’uscita di scena la Federazione Ginnastica Nazionale (1911) che terminò la fase del cosiddetto calcio ginnastico dei pionieri iniziato nel 1898. Si era a ridosso dei moti dannunziani e dell’ingresso dell’Italia nella Grande Guerra: la decisioni sul calcio erano strettamente connesse a determinati appoggi politici. Oggi c’è bisogno di un atto riparatore.”