Dopo anni di successi, ma anche anni di vita sconvolti da alcool e droga, il 3 luglio 1971, appena ventisettenne, il front-man dei Doors, Jim Morrison, viene trovato morto nella vasca da bagno del suo appartamento di Parigi. La causa ufficiale della morte è attacco cardiaco ma potrebbe anche essere stata causata da un miscuglio di droghe ed alcool.
Icona sexy e rockstar incontrollabile negli ultimi tempi, ormai preda dei suoi vizi, litiga sempre più spesso con il resto della band e con la sua compagna. Nel 1969 l’episodio peggiore. Durante il concerto di Miami, al Dinner Key Auditorium, dopo un lungo tour europeo e soprattutto dopo il tutto esaurito al Madison Square Garden, però, Morrison esagera e il concerto degenera in una vera e propria sommossa: sebbene non ci siano prove il cantante viene accusato di aver mostrato i genitali al pubblico. Il 20 settembre del 1970 viene processato e condannato per atti contrari alla morale e bestemmia in luogo pubblico, ma non per ubriachezza molesta e oscenità. È l’inizio della fine. Dopo qualche mese dal triste episodio di Miami, mentre si trova su un volo diretto a Phoenix, si fa arrestare nuovamente per ubriachezza e condotta molesta. Nel 1970 vede la luce uno dei migliori lavori dei Doors, “Morrison Hotel”, contenente la celebre “Roadhouse Blues”. Avrebbe potuto essere l’inizio di una sfolgorante carriera di bluesman per l’interprete di “The End”, genere assolutamente nelle sue corde ma non se ne rende conto più di tanto. Nel frattempo i Doors dal vivo non sono più quelli di prima. All’Isola di Wight, altro concerto leggendario, Jim inscena una delle sue peggiori performance, al termine della quale dichiara che quella sarebbe potuta essere la sua ultima esibizione. Tuttavia, questa arriva il 23 dicembre successivo, al Warehouse di New Orleans, quando il cantante dimostra di essere ormai arrivato alla fine della corsa: ubriaco, stravolto, completamente fuori giri e quasi sempre disteso sul palco. Nel 1971 Morrison si trasferisce a vivere a Parigi, con l’intento di dedicarsi alla poesia e di darsi una ripulita. Ad aprile il gruppo firma un altro lavoro interessante: “L.A. Woman”, contenente la celeberrima “Riders on the storm”. Le cose sembrano poter migliorare ma il 3 luglio Jim Douglas Morrison muore, in circostanze mai chiarite, nella sua abitazione. Due giorni dopo, durante un funerale di otto minuti e alla sola presenza della compagna, dell’impresario Bill Siddons, giunto dall’America, e della regista e amica di Jim, Agnes Varda, viene sepolto nel Cimitero di Père-Lachaise. Forse la morte è stata generata veramente da un attacco cardiaco, come riportato nella versione ufficiale, causato dall’eccesso di alcool; forse una morte inscenata ad hoc per fuggire dalla CIA, incaricata di “fare fuori” tutti i miti della controcultura, i sovversivi come Morrison, Janis Joplin, Jimi Hendrix; o forse, date le sue frequentazioni parigine, una overdose di eroina pura, molte sono e restano le congetture fatte sulla sua morte.