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pplausi, cori e lacrime. Ogni addio è malinconico e struggente ma quando saluta un campione come Klose allora le emozioni si moltiplicano e ti scuotono l’animo fino in fondo. In quel giro di campo finale il pubblico ha rivissuto tutte le prodezze che il tedesco ha regalato nelle 5 stagioni vissute in biancoceleste. Era arrivato a parametro zero, quasi a chiudere una grandissima carriera, a Roma ha conosciuto una seconda gioventù entrando nel cuore della gente. Gli è mancato un solo gol per entrare anche nella storia, come miglior goleador attaccante straniero. Dopo il rigore, che stava per lasciare a Anderson, a testimonianza di un altruismo tipico soltanto dei grandissimi, ci ha provato più volte, sfiorando la doppietta. L’Olimpico lo ha salutato da re, in segno di riconoscenza e ammirazione. Rimarrà comunque un calciatore unico, un centravanti dai modi gentili, dalla classe immensa, che rispetta ogni compagno come con umiltà e generosità, un personaggio categoria superiore. Negli anni da laziale ha stabilito un record ancora più importante: migliore cannoniere delle fasi finali dei Mondiali. Ha chiuso l’avventura romana alla grande: 5 reti su 5 partite, l’ultima con la fascia da capitano. Inzaghi gli ha restituito il ruolo che gli spettava, quello di titolare, non mortificandolo come aveva fatto Pioli, che lo aveva relegato a comprimario. Resta un rimpianto perché con un Klose così competitivo, anche a 38 anni, la Lazio avrebbe potuto chiudere con una classifica decisamente migliore. Vista la freschezza atletica, manifestata fino all’ultima gara, avrebbe potuto giocare ancora un anno: non sarà facile né sostituirlo, né dimenticarlo, bisogna soltanto rispettare la sua scelta e dirgli grazie.
Fonte : Il Messaggero