PUBBLICITA

Facciamo i conti: ecco chi più spende e chi più vince. Lazio virtuosa, Fiorentina la più parismoniosa. Disastro Roma

LAZIO NEWS

LEGGI ANCHE

Confutare l’assioma più spendi, più vinci può ridursi – come in passato si è tentato di fare – ad un mero esercizio economico, una logica concettuale basata su dati sterili; sovvertire però tale assetto metodologico con l’incontestabile – il numero, non manipolabile nella sua interezza – restituisce una chiarezza dovuta e necessaria al quadro d’insieme, troppo spesso distorto, capovolto, stravolto.

PUBBLICITA

Per far ciò un loophole biancoceleste ci riporterà alla stagione 2008/2009, annata in cui viene conquistato il primo trofeo dell’era Lotito – che lo stesso presidente descriverà come il primo tassello di un valoroso progetto: il 13 maggio 2009, allo Stadio Olimpico di Roma, la Lazio vince la finale di Coppa Italia battendo la Sampdoria dopo i calci di rigore (i tempi supplementari si erano conclusi sull’1-1). Non ridimensionando l’ambizione e il valore – presunto o reale – di tale progetto, è tuttavia più facile ora evidenziarne la crescita, ancora meglio se circoscritta alle tre squadre prese come termine di paragone: Napoli, Fiorentina e Roma – da cui i biancocelesti si distinguono, dato di fatto, per quanto concretizzato e materializzato in quasi un decennio nonostante le differenze d’approccio, di strategia e di gestione. Escluse le “strisciate” Juventus (inarrivabile nell’ultimo lustro), Milan e Inter, sono questi infatti i club, per similare storia, blasone e potenzialità, con cui si può raffrontare con maggior efficacia l’operato biancoceleste per trarne conclusioni concrete

Nella stagione già citata, infatti, la Lazio pur lanciandosi in mirati investimenti atti ad apportare migliore qualità tecnica ed una complessiva crescita di ogni settore della rosa – l’ingaggio di Juan Pablo Carrizo (7 milioni di euro); l’acquisto, per 1,5 milioni di euro, del terzino Lichtsteiner;  il riscatto di Rozehnal per 3,6 milioni di euro e di Radu, per 4,5 miloni di euro; Brocchi e Matuzalém (prelevato dal Real Saragozza a titolo di prestito con diritto di riscatto fissato a euro 8 milioni), per il centrocampo; due attaccanti: il ceco Libor Kozák, acquistato dall’Opava, e l’argentino Mauro Zárate, di proprietà dell’Al-Sadd, in prestito (2 milioni di euro) con diritto d’opzione – è la squadra a detenere uno dei minori monte ingaggi della Serie A: la Roma ha una rosa stipendiata 65 milioni di euro; la Fiorentina 37 milioni di euro; il Napoli 29 milioni di euro; la Lazio, appunto, solo 27 milioni di euro.

Vero è che se rapportata alle due precedenti stagioni la retribuzione complessiva è più che raddoppiata, ma la differenza di competitività economica dalle avversarie è ancora evidente – pur non costituendo, tuttavia, motivo di minore valore calcistico: la stagione successiva è infatti inaugurata dalla vittoria della Supercoppa Italiana, contro la invincibile armata nerazzurra – l’Inter Mourinhiana. Tanto basta ad affermare che vale più un trofeo di un piazzamento in campionato: l’annata 2008/2009 si conclude al decimo posto per i biancocelesti – peggio di loro, nel prospetto a quattro che si tenta di ricostruire, solo il Napoli che termina la stagione al dodicesimo posto; la Fiorentina e la Roma ottengono rispettivamente la quarta e la sesta posizione. La stagione successiva peggiora addirittura il piazzamento della Lazio: 12esima in classifica ma secondo trofeo per un Claudio Lotito ferocemente contestato – una costante invariabile, che poco sposta gli equilibri. I giallorossi confermano la crescita nella competizione nazionale, ottenendo il secondo posto; i partenopei conquistano il sesto posto e la qualificazione in Europa League; ma – e trattasi di un crollo – la Fiorentina si posiziona undicesima, ad un solo punto di vantaggio sui biancocelesti.

Lecito e legittimo quindi che i tifosi pretendano la profusione di maggiori sforzi – siano questi sostenitori della Lazio, della Roma, della Fiorentina o del Napoli: quanto però è giustificabile la voglia di aggredire ostinatamente il calciomercato e il campionato, senza prima stabilirelinee guida nell’affrontare le competizioni? Dopotutto, nel calcio, ci sono solo vincitori – nessun premio al merito: e pur disputando campionati mediocri, è la Lazio a figurare negli almanacchi e negli annuari – quasi a volersi appropriare di una dimensione d’orgoglio. I biancocelesti hanno infatti ottenuto quel che è storicamente al di sopra degli obiettivi stagionali fissati: quasi che l’arrivo di Lotito abbia restituito voglia di vittorie, ambizioni ed aspettative. Consultando le statistiche relative al quinquennio 2009-2014, si apprende che la media punti della Lazio (58) è del 5,7% superiore al trending delle precedenti 25 stagioni; mentre il valore della rosa ha avuto un incremento dell’8,5% (passando da un valore minimo di 113,8 milioni di euro ad un massimo di 161,3 milioni di euro). La rivale per antonomasia – la Roma – ha una media di 69 punti (e nessun trofeo), ed un segno negativo sulla crescita annuale del valore della rosa: -5,4%, a riprova che la tanto ricercata pratica delle plusvalenze è un rischio, non un criterio meritocratico aggiunto. La Fiorentina incrementa del 3,1%; il Napoli registra il dato migliore in assoluto: un +26,6% che riscatta l’anonimato delle passate stagioni.

La maggiore differenza, però, sta nuovamente nella linea di credito: tutti i club in lotta per un posto in Europa hanno aumentato i loro investimenti, e ciò accade per i frequenti adeguamenti contrattuali. Lo sforzo maggiore l’ha fatto il Napoli, con un’impennata nella stagione2009/2010 a 37 milioni; si confermano Roma (69,7 milioni di euro) e Fiorentina (40 milioni di euro); cresce la Lazio (32,9 milioni di euro). Non è facile, ma anche questa è la riprova di una programmazione biancoceleste che tende a valorizzare il gruppo: dando ai più il tempo di crescere, senza forzature di alcun tipo. Perché è possibile uno sviluppo sostenibile, senza ricorrere ad illusori e pericolosi salti in alto.

Quali sono però i motivi che inducono – o dovrebbero indurre, riferendoci ai giallorossi – ad un controllo delle spese? Tanto per la Lazio quanto per il Napoli, la Fiorentina e la Roma, negli anni c’è stato un netto aumento dei ricavi; questi, però, non sono ricavi strutturali: le entrate costituiscono un una tantum (premi europei UEFA, cessioni e plusvalenze), mentre i costi, dagli ingaggi alle spese, e gli investimenti sul mercato, sono in costante aumento.

É un fenomeno consequenziale alla nuova frontiera retributiva – e ciò avviene effettivamente non solo per le squadre di vertice: analizzando il bilancio di calciomercato del Napoli degli ultimi 5 anni, la squadra è al terzo posto nella ipotetica classifica spese. Sono quasi 100 i milioni di euro di deficit tra acquisti e cessioni tra il 2010 ed il 2015 (bilancio alla mano, solo nel 2012/2013 i partenopei hanno incassato più di quanto speso) – certo, molte operazioni di mercato hanno poi generato plusvalenze che ritoccano in meglio il bilancio della società di De Laurentiis. Basti citare i 114 milioni di euro complessivamente versati dal PSG per Lavezzi e Cavani, con l’attaccante uruguaiano quinto acquisto più costoso di sempre nella storia del calciomercato. Così come il Napoli ha usufruito dei ricavi Champions per rinforzare la propria rosa e far quadrare i propri conti. Eppure si poteva fare meglio con questo budget? Sono solo tre i trofei conquistati: due Coppa Italia (nella stagione 2011/2012; 2013/2014) ed una Supercoppa (2014/2015) – tanto quanto vinto dalla Lazio, la cui gestione è sempre stata parsimoniosa secondo alcuni, oculata a detta di altri.

Dalla lettura di ogni bilancio biancoceleste si evince come ogni spesa abbia un suo ritorno, ed il pareggio tra entrate e uscite è quasi sempre assicurato al termine della stagione. Un esempio su tutti: l’operazione Cissé. Che non è stata poi così tanto fallimentare, almeno per quanto riguarda le finanze: la cessione a gennaio dell’attaccante francese (Cissé arriva nel luglio 2011 dal Panathinaikos, pagando ai greci una cifra vicina ai 6 milioni di euro) ha prodotto una plusvalenza di 800mila euro, oltre poi al risparmio sul suo oneroso ingaggio.

Proprio qui sta la differenza abissale tra le due società romane: quella giallorossa è la seconda squadra italiana ad aver speso di più sul mercato negli ultimi 5 anni. Pur non tenendo in considerazione il passivo della stagione in corso, il deficit tra uscite ed entrate dal 2010 al 2015 è di oltre 100 milioni di euro. L’utile registrato nel 2014 (quasi 44 milioni di euro il guadagno tra acquisti e cessioni grazie alle plusvalenze sulle cessioni di Marquinhos, Lamela ed Osvaldo) è stato surclassato dai pesanti passivi 2011/2012 e 2014/2015 – nell’ultima stagione, infatti, i giallorossi hanno investito più di tutti sul mercato, senza però ottenere i risultati sperati.

Peggio, quindi, va alla Roma: l’ultimo trofeo vinto risale alla stagione 2007/2008, quando i giallorossi si imposero per 2-1 sull’Inter e sollevarono la Coppa Italia. Da allora, nonostante gli ingenti investimenti, i vanagloriosi proclami e l’assoluta certezza della bontà del progetto, più nulla – più nulla di concreto, tangibile, che non sia la morale del secondo posto. E pesa ancora l’onta del 26 Maggio 2013: nonostante i giallorossi guidati dalla proprietà americana si siano obiettivamente rafforzati – tanto che il monte ingaggi è passato da 76,5 milioni a 95 in quella sola stagione – Il 26 maggio la Lazio trionfa in finale di Coppa Italia contro i rivali storici, battuti per 1-0 grazie a una rete di SenadLulić. La società biancoceleste, pur ormai omologato il pensiero di un Lotito estraneo agli investimenti, statisticamente ha invece sempre chiuso in leggero passivo ogni sessione di calciomercato dal 2010 ad oggi: passivi minimi, che sommati hanno però totalizzato 21 milioni di euro di scarto negativo tra acquisti e cessioni.

La Fiorentina, invece, ha contenuto le spese: sono 9 i milioni di deficit tra entrate ed uscite nel quinquennio. È stata l’avveduta gestione dei Della Valle a sanare il disastroso bilancio 2011 (che i Viola hanno su anno solare), chiuso con un passivo di 32 milioni di euro: l’obiettivo dichiarato della società è infatti di non ricorrere più al supporto dei soci. Le plusvalenze ottenute dalle cessioni di Jovetic, Ljajic e Cuadrado, negli anni, sono state le principali artefici della quadratura del bilancio. Tanto più che uno dei capisaldi dei Viola – e del Napoli – è evitare il ricorso al credito delle banche, logica diametralmente opposta alla strategia giallorossa. Tanta accortezza gestionale da parte della dirigenza toscana è però probabilmente dovuta anche ai mancati riscontri in campionato: la stagione 2011/2012, a conferma di quanto detto in precedenza, si conclude con un mediocre tredicesimo posto. La Fiorentina fa quindi registrare in quell’annata il peggiore rapporto monte ingaggi/posizionamento: i fratelli Della Valle sono settimi come classifica stipendi – circa 37 milioni di euro.

In questi ultimi anni Claudio Lotito ha risanato la Lazio, alzato l’asticella degli ingaggi, agito coerentemente al credo si spende soltanto quello che si incassa. Da qui la risaputa cautela sul mercato – pur centrando in più occasioni colpi di valore e prestigio (gli acquisti di Lulic, Klose, Hernanes, Biglia, Candreva…) – abbinata ad una visione sul medio-lungo periodo. Quanto sia pratica condivisibile, quanta lungimiranza ci sia nell’attuazione di una strategia temporeggiatrice – che non stravolga l’equilibrio economico nel (vano, il più delle volte) tentativo di conquistare prestigio immediato nella competizione italiana ed europea – è di tanta difficile stima quanto facile deduzione: gli americani a capo della società giallorossa non sono mecenati; la Fiorentina pare essersi drasticamente ridimensionata pure analizzando i risultati ottenuti nella stagione in corso – e, più generalmente, le già non esaltanti prestazioni delle annate passate. Ad avere solide basi è il Napoli, poco più indietro la Lazio: in questi anni De Laurentiis e Lotito hanno saputo far di conto, tanto che hanno potuto vantare una gestione virtuosa. Ma ad avere la meglio, nella stagione 2014/2015, è proprio la formazione biancoceleste: con un monte ingaggi di 55,1 milioni di euro (il Napoli è già a quota 70 milioni di euro) riesce ad imporsi sulla rivale partenopea. Il 31 maggio, in occasione dell’ultima partita di campionato, la Lazio espugna lo Stadio San Paolo, battendo per 2-4 il Napoli; tale risultato permette al club capitolino di piazzarsi al terzo posti in classifica e di qualificarsi per la Champions League, cosa che non accadeva dalla stagione 2006-2007. La Lazio conclude la stagione conquistando la finale di Coppa Italia e la finale di Supercoppa italiana – entrambe perse contro la Juventus.

Arianna Michettoni (tratto dal Nuovo Corriere Laziale)

ULTIM'ORA LAZIO NEWS