Sandro Corapi è intervenuto in ha lunga intervista ai microfoni di ‘FantaGazzetta’. Tanti i temi toccati dal mental coach dell’era Petkovic e attualmente di diversi giocatori biancocelesti tra cui Candreva: a partire da chi possa essere considerato il responsabile del fallimento della stagione biancoceleste.
“La responsabilità – dice – è sempre di chi dirige e conduce un gruppo. Poi è chiaro che ognuno deve assumersi la responsabilità in base al suo ruolo, ma in ogni azienda, se qualcosa non funziona, la responsabilità è del capo. Nel mondo dello sport la dinamica è la stessa: il tecnico è responsabile della squadra e la società del tecnico, della squadra e della società stessa“. A proposito della mancanza di risultati nell’andata appena trascorsa, si è parlato spesso di scarse motivazioni: “Per me sono solo degli alibi, – prosegue Corapi – perché la stessa squadra l’anno precedente ha fatto delle prestazioni che hanno meravigliato il mondo calcistico italiano e non solo. Quindi, nella peggiore delle ipotesi, si sarebbe dovuta ripetere la stagione precedente. I motivi del disastro perciò non vanno cercati qua, ma altrove“. A incidere, ma non troppo secondo il mental coach, anche la difficoltà della piazza: “La tifoseria è agguerrita ed esigente, così attaccata ai colori che vorrebbe vederli primeggiare sempre. Questo mette una forte pressione, che poi si riversa sulla squadra. Ma la piazza romana non è differente da quella genovese, torinese o milanese. Devono essere i giocatori, con la loro professionalità, a tenere botta“.
Quei calciatori sempre descritti come servi di popolarità e denaro: “Non mi risulta, i ragazzi che seguo sono tutti ligi al dovere e di una professionalità encomiabile. Credo si voglia semplicemente etichettare il successo e ai guadagni dei giocatori. Che sono esseri umani come tutti e ognuno con le proprie idee e opinioni, ma non sono così libertini nel tempo libero. L’importante poi è che ognuno faccia il proprio dovere quando scende in campo. Da quello che ho visto, però, se uno è campione in campo spesso lo è anche fuori. Nella mia esperienza alla Lazio, la prima persona che ha dimostrato curiosità verso la figura che ricopro è stata Miro Klose. Ciò significa che se una persona vuole lavorare su di sé deve essere sempre curioso di imparare”. Una stagione tra alti e bassi anche per Antonio Candreva: “Per come era iniziata, la sua stagione è terminata in modo positivo, perché per il terzo anno consecutivo è andato in doppia cifra, con una squadra e un ambiente che non favoriscano le migliori prestazioni. A differenza dell’altro anno, dove anche Felipe Anderson, Klose, Mauri e Parolo erano andati in doppia cifra, in questo nessun altro oltre a lui ha superato i 10 gol. Ha avuto problemi in termini di prestazione, diversamente che in Nazionale, ma non ci si deve preoccupare. Voglio dire, l’atleta è sempre lo stesso, se è scarso lo è ovunque. Candreva è stato forte con la Lazio, fortissimo in Nazionale, dove evidentemente le condizioni ambientali erano diverse. Alle critiche ha sempre risposto puntando sui risultati, sul fare gol. La fascia di capitano? Chiaro che all’inizio ci sia rimasto male, ma poi l’ha assorbita bene puntando a dare il meglio di sé e mettersi al servizio dei compagni, con i quali non ha avuto nessun tipo di problema“.