Torna a parlare Tommaso Rocchi. E lo fa in una lunga intervista al portale ‘sofoot.com’, in cui ripercorre la sua carriera, dagli esordi con la Juventus fino all’ultima esperienza, in Ungheria, con il Tatabanya. Senza dimenticare, ovviamente, il periodo trascorso alla Lazio. Di seguito, riportiamo alcuni passaggi del colloquio.
Sul gol numero 200: “L’ho realizzato a metà febbraio contro il Sarvar nella prima partita dopo la pausa invernale. Ho segnato una doppietta: il primo gol di sinistro in contropiede, il secondo – su un pallone rinviato male – a giro sul palo opposto dal limite dell’area. È stata una bella rete, anche perché è arrivata all’ultimo secondo prima della fine. Ho concluso in questo modo la mia carriera”.
Sul perché della scelta ungherese: “Volevo fare un’esperienza all’estero. Avevo già giocato in massima serie con l’Haladas, ma un infortunio mi ha costretto a stare fermo tre mesi. Non ero sicuro di continuare l’estate successiva, poi ho accettato l’offerta del Tatabánya che era stato promosso in terza divisione e dove c’erano diversi italiani. Da alcuni giocatori passando per Bruno Giordano, un altro ex attaccante della Lazio, e il direttore generale (Massimiliano Caroletti, ndr). Poi – continua – Ho assistito a Roma alla nascita del mio terzo figlio. Non volevo tornare negli ultimi due mesi, così, di comune accordo con la società, ho deciso di restare a casa. Ho 38 anni e mezzo e sono ancora in forma, ma può bastare così”.
Nel 2004 l’approdo a Roma: “Il club ripartiva da zero, c’è stato un cambiamento radicale. Certo da una parte c’era una grande pressione, ma dall’altra, visto che i tifosi non si attendevano grandi cose da quei nove acquisti e si chiedevano anche chi fossero, non avevamo molto da perdere. Ho iniziato l’avventura con questo spirito, credendo nelle mie qualità e ha funzionato. Ho segnato 17 reti la prima stagione, così le persone hanno cambiato parere su di me e la società mi ha acquistato interamente”.
“Il gruppo musicale con Di Canio e i Filippini? Loro avevano già un gruppo, ma io suonavo la chitarra e ogni tanto ci ritrovavamo. Poi c’è stata l’iniziativa di Suor Paola per una serata di beneficienza e ci siamo detti: “Perché non provare?”. Di Canio si è subito proposto: ha suonato e cantato una decina di canzoni da Ligabue a Bob Dylan. È stato grandioso
“La fascia di capitano? La Lazio non ha mai avuto capitani per un lunghissimo tempo. Ha spesso cambiato: da Nesta a Negro, passando per Peruzzi, Liverani e Oddo. Tuttavia il capitano rappresenta sempre un punto di riferimento. Io ho portato la fascia per quattro anni e, quando vado a bere un caffè al bar, i laziali mi dicono ancora: “Buongiorno capitano”.
“I romanisti? Mi dicono che sono uno dei pochi laziali che rispettano. Nei derby ho segnato anche cinque volte contro la Roma. Loro però hanno apprezzato il mio comportamento in campo, effettivamente non ho mai mancato loro di rispetto”.
“Il malcontento dei tifosi? Il passaggio da Cragnotti a Lotito è stato traumatico, ma obbligatorio. I tifosi erano abituati a titoli e grandi campioni, però capita a tutte le squadre, anche ad Inter e Milan. Nonostante i buoni risultati ricorrenti con le qualificazioni europee, i laziali sperano in una svolta, di poter lottare nuovamente per lo Scudett
“Dabo? Un ragazzo d’oro! Era un giocatore eccellente, in grado di combinare la grinta di un centrocampista difensivo con una grande visione di gioco. Abbiamo passato due anni insieme, non conservo che grandi ricordi di lui”.
Sulle voci di un trasferimento all’Ajaccio nell’estate 2013: “Sì, attraverso Ravanelli. Anche il Deportivo era interessato. Ci sono state delle trattative, ma poi non se ne fece più nulla. Dopo i sei mesi all’Inter, mi aspettavo una chiamata in Serie A. All’inizio avevo trovato poco spazio poi, con gli infortuni di Milito e Cassano, ho giocato 8 partite di fila e segnato 3 reti. Stramaccioni mi aveva promesso che, in caso di riconferma, avrebbe puntato su di me. Poi lui è stato esonerato, la proprietà è cambiata ed io sono rimasto in attesa fino ad ottobre, quando ho firmato a Padova in B”.
Sull’arrivo in panchina di Inzaghi: “Mi ha sorpreso del tutto. Simone è sempre stato attento, uno che si informava e faceva domande. Ha un’occasione importante per dimostrare il suo valore, ma dipende tutto dai risultati. Stesso discorso per Brocchi, altro ex mio compagno. Il campo sarà il vero giudice, anche se non ha esperienza. È come da giocatore: puoi essere la star della Primavera, poi ritrovarti a navigare nelle categorie inferiori…”.
Infine, uno sguardo sul futuro: “Intanto farò il padre a tempo pieno fino a giugno. La prossima stagione vorrei rimanere nel mondo del calcio. Sky mi ha già contattato per commentare le partite e ci sto riflettendo su. Vorrei anche allenare i giovani, non ho voglia di riprendere i ritmi di vita di un giocatore professionista”.