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Rizzolo: “I presidenti non devono mentire sugli obiettivi. Inzaghi scelta giusta”

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Antonio Rizzolo, bomber laziale negli anni ’80, è intervenuto sugli 88.100 di Elle Radio nella trasmissione I Laziali Sono Qua per fare il punto sulla situazione della Lazio, a partire dall’ultima vittoria ottenuta in Sicilia dai biancocelesti all’esordio di Simone Inzaghi in panchina.

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La Lazio è stata sicuramente avvantaggiata dal clima surreale che ha trovato a Palermo. Si tratta di una partita in cui i siciliani hanno sofferto soprattutto dal punto di vista psicologico. E’ anche vero che si è vista una Lazio liberata in campo, l’arrivo di Simone Inzaghi potrebbe aver sbloccato la squadra e potrebbe essere auspicabile che questo possa essere il preludio ad un ottimo finale di stagione.

Alessandro Nesta recentemente ha detto che gli allenatori pagano sempre e i dirigenti mai. Una situazione relativa non solo alla Lazio, ma anche allo stesso Palermo con i tanti cambi di Zamparini ed ora anche al Milan con l’allontanamento di Sinisa Mihajlovic. Perché non c’è mai un’ammissione di colpa da parte di chi guida le società? “Entriamo in un campo difficile da valutare, penso che in un percorso di un’annata ci debbano essere tante componenti che funzionano nel modo giusto per arrivare agli obiettivi prefissati. Questo vuol dire programmazione, bisogna cambiare un po’ la mentalità anche nei confronti della gente, bisogna dire la verità sui piani societari e dimostrare lealtà. I presidenti dovrebbero dire le cose come stanno, spiegare perché eventualmente si può spendere poco e non mentire sugli obiettivi: questo aiuterebbe a vivere un’annata un po’ più tranquilla. Spesso si tende a promettere cose alle quali i tifosi credono e poi quando mancano i risultati pagano inevitabilmente gli allenatori: il che può rappresentare anche la normalità, finché non si arriva alle situazioni paradossali come quella di Palermo, in cui viene meno anche il rispetto a livello umano di quelli che sono comunque seri professionisti del settore come i tecnici.

Ma il lavoro societario della Lazio come può essere giudicato? “Il valore del lavoro può essere stabilito dai risultati: tutto sommato la Lazio negli ultimi anni ha sempre cercato di fare il massimo e qualche trofeo e qualche piazzamento è arrivato. Bisogna essere molto realisti: non si può pensare di poter arrivare a competere ai vertici massimi del campionato. Più che sui risultati sul campo mi sembra che ci siano state mancanze sul piano della lazialità, delle emozioni. Più che dal punto di vista imprenditoriale il presidente Lotito può essere criticabile dal punto di vista della gestione del patrimonio emozionale della Lazio, si sono raffreddati troppo i rapporti, non ho mai visto iniziative tese a unire la società alla tifoseria, c’è stato sempre scollamento da questo punto di vista. L’anno scorso i bagni di folla a Formello e la presentazione della maglia-bandiera sembravano primi passi che non hanno avuto però seguito.

Può verificarsi all’orizzonte un avvicendamento come quello che all’inizio degli anni novanta ci fu tra Calleri e Cragnotti? “L’errore più grande, a mio avviso, nel mondo del calcio di oggi, è quello di rapportarsi ai tempi passati, come quelli in cui io mi affacciavo come giocatore alla Lazio. Lo stesso vale per gli allenatori così come per la gestione delle società: non si può allenare un ragazzino di quindici anni così come mi allenavo io all’epoca. Il mondo è cambiato, la stessa cosa vale per le società: la Lazio di trent’anni fa si muoveva in un mondo completamente differente, fare calcio è diventato molto più difficile e lavorare in questo ambiente rasenta la pazzia, certe volte. La visione deve essere a trecentosessanta gradi: capisco lo scoramento dei tifosi ma poi senza un’alternativa credibile bisogna andare avanti con il meglio dei mezzi a disposizione.

Un’ultima valutazione sul campionato e sui valori espressi dalla Serie A quest’anno: “Sono rimasto sbalordito dalla rimonta della Juventus. Non credevo che si ripetesse visto il cambio generazionale che i bianconeri hanno vissuto, già ad inizio stagione ero scettico. La società bianconera ha dimostrato invece di saper azzerare, ripartire e programmare, dando l’ennesima lezione al calcio italiano. La delusione può essere rappresentata dalle milanesi, senza dubbio.

Fabio Belli

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