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TEMPI BELLI – Non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo

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Non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo“, diceva Paolo Stoppa nei panni del Papa, quando in “Il Marchese del Grillo” i francesi chiedevano la resa allo Stato Pontificio. L’esigenza pratica, politica e morale di non arrendersi. Quanto servirebbe alla Lazio in questo momento? Lucas Biglia che va sotto la curva a dire: “Più di così non possiamo” si è prestato a tante interpretazioni. Alcune giuste, altre errate, forse per cavalcare come sempre l’onda delle proprie convinzioni. Ma il capitano argentino ci ha ricordato Pio VII in una pellicola entrata nella storia.

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Non possiamo” ha detto Biglia ai tifosi giunti a Torino. Interpretabile come detto in tanti modi: in questo momento le risorse atletiche sono quelle? Abbiamo dato il massimo ma la palla non è entrata? Siamo questi e non riusciamo a fare più di quello che vedete sul campo? Sicuramente a Torino la Lazio ha giocato una partita in cui sono usciti fuori i limiti anche di chi sta in campo, oltre a quelli già tanto discussi di chi doveva costruire una squadra in grado di competere ad alti livelli. Stefano Pioli con due cambi prima dell’intervallo ha sconfessato la sua stessa formazione e dimostrato una certa confusione: se il tecnico ha affermato di valutare costantemente i giocatori in allenamento, come è possibile non accorgersi dello stato di forma di Milinkovic-Savic e Keita, la loro capacità di essere pericolosi a prescindere dal contesto della partita. E i giocatori stessi, a fronte di tanti errori, come possono dirsi esenti dal colpe? Questa non è una Lazio da terzo posto, ma chi pensa che sia stata costruita per il nono è in malafede.

Non dobbiamo“, forse perché giovedì prossimo si gioca a Praga, e ogni contrasto, ogni falcata in più, ogni slancio atletico in campionato, viste le distanze in classifica, può essere vano. E’ invece importante mantenere alta la concentrazione perché in campo non esistono interruttori e lasciarsi andare in una partita significa farsi trovare molli anche in quella successiva. Ma è dal post dopo Lazio-Sassuolo che si moltiplicano i messaggi univoci: “Conta solo l’Europa League.” E lo stesso Pioli che si affretta a tenere alta a parole la concentrazione è stato il primo a gettare la spugna nel post-gara contro i neroverdi. Messaggio che la squadra forse aveva già metabolizzato da sola, ritenendo l’Europa l’unica vetrina individuale da sfruttare per se stessi.

Non vogliamo“, e qui forse arriviamo al nocciolo della questione. Oltre ai tifosi, chi vuole veramente una Lazio vincente? Per interesse tutti, è chiaro, ma spesso l’interesse si scontra con la necessità di dare qualcosa, oltre che ricevere. La società vuole diventare grande? E il tecnico, che continua a non imparare dai propri errori e a far subire un contropiede dopo l’altro a una squadra di contropiedisti nati? E i giocatori, che forse pensano già al “si salvi chi può” e a mettersi in mostra in Coppa per non farsi un anno senza Coppe?

Già, un anno senza Coppe. Quasi sicuramente il prossimo, in cui non possiamo, non vogliamo, non dobbiamo vedere di nuovo una Lazio così. Ma finché sono i tifosi a dirlo, tutto resta nel mondo sfumato e aleatorio delle buone intenzioni. Il campo intanto continua a dispensare bocconi amari e i ceki, non meno terribili dei francesi nella Roma papalina, sono alle porte.

Fabio Belli

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