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TEMPI BELLI – E non abbiam bisogno di Parolo

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E non abbiam bisogno di Parolo,per spiegare quello che è nascosto in fondo al nostro cuore.

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Siamo incazzati. Ma tanto, eh. Una roba che non si può dire. L’ira è uno dei sette peccati capitali e quando è fine a sé stessa, senza che si trasformi in energia costruttiva, è una brutta cosa. Ma stamattina ci siamo svegliati così, tanto che William Holden-Max Schumacher in “Quinto Potere” al confronto è il più grande collezionista di Hello Kitty del mondo.

Sono incazzato nero, e tutto questo non lo accetterò più.” Un grido che forse rende bene uno stato d’animo solo parzialmente giustificabile, agli occhi degli esterni. E’ solo una partita di pallone, pensa alle cose serie. Poi pensi, davvero: Supercoppa persa, preliminare di Champions perso, derby d’andata perso, novembre in campionato praticamente perso con ipoteca sull’ottavo posto. E poi fuori dalla Coppa Italia e fuori dall’Europa League. In tutte le altre stagioni recenti, anche quelle considerate fallimentari, c’era sempre stata una pietra miliare, un momento condiviso di gioia. 2010, squadra risucchiata nella lotta per non retrocedere, ma capace di strappare all’Inter di Mourinho l’unico trofeo nell’anno del triplete, la Supercoppa Italiana. 2009, Coppa Italia alzata al cielo nonostante il decimo posto in campionato e ben diciotto sconfitte. 2008, dodicesimo posto finale, una mediocrità scossa dal gol di Behrami al 93′ nel derby, decisivo nell’intralciare il cammino scudetto-giallorosso.

In tutte le stagioni, almeno un vero momento di Lazio. Quest’anno no, c’è solo la rabbia a covare: anche e soprattutto per quanto visto a Milano. Ok, solito gol incassato nel primo quarto d’ora, ok qualche errore, le assenze, l’ingenuità di Lulic, ma la Lazio di domenica sera nell’atteggiamento e nella concentrazione non era neanche lontana parente di quella vista contro lo Sparta Praga. E questo fa rabbia, perché quello era l’appuntamento che doveva e poteva cambiare la stagione, non questa passerella da settimana della moda milanese. E ha fatto rabbia vedere un Patric ordinato e preciso fare una figura migliore di tanti “senatoriboriosi, incapaci di prendersi anche i fischi a fine partita.

E poi c’è lui, Tagliavento. Che dopo Calciopoli deve aver avuto qualche strana indicazione: con lui dal 2006 il bilancio dice 3 vittorie, 4 pareggi e 12 sconfitte. Troppo per non dire: “Sono incazzato nero, e tutto questo non lo accetterò più.” E’ stato lui il “Quinto Potere” a San Siro: gli altri quattro, società, tecnico, giocatori e avversari, hanno fermato a turno la Lazio nei momenti chiave, facendo aumentare sempre più la rabbia. Per cui no, “non abbiam bisogno di Parolo“, né di ieri sera, per capire che stagione è stata. E’ un lunedì da passare alla finestra, a gridare un po’ di rabbia: ci sarà Pasqua per tornare a rilassarsi, e poi ancora il derby: ormai l’unica, l’ultima occasione possibile in cui si possa immaginare di tornare a sorridere. E al momento ce ne vuole di fantasia…

Fabio Belli

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