Buona Pasqua a tutti! Anche oggi molti di noi saranno circondati da nanerottoli con le manine appiccicose di sostanze marroni, che corrono qua e là nel crepitio di carta stagnola che viene continuamente riavvolta, rigirata, strappata, scartata.
Ora, lo scenario appena descritto può essere relativo a due situazioni: una fumeria di crack piena di messicani in California, oppure un tipico pranzo pasquale italiano pieno di ragazzini e uova di cioccolata.
Per quelli non reduci da San Quintino propendiamo per la seconda: in fondo la Pasqua è un momento per staccare dal logorio della vita moderna e per noi, malati di Lazio e di football, una giornata per non pensare alle rispettive ossessioni.
Quest’anno il calendario ci avrebbe anche offerto un assist, con una pausa per l’attività delle Nazionali che permette di non vivere lo stress consueto con la Serie A compressa nel sabato di Pasqua e conseguenti prese per il culo tra partenti e amici nel pranzo della domenica successiva. Ci avrebbe, però, perché la sorte dà, la sorte toglie: ok la pausa, ma alla ripresa cosa ci va a piazzare il calendario? Il derby, con relativo prolungamento dello stillicidio. Perché sapete cosa c’è di peggio della settimana di attesa del derby? DUE settimane di attesa del derby.
Quest’anno, forse è vero, vale meno, forse solo per un onore che sarà comunque difficile recuperare del tutto dopo un’annata piena solo di contraddizioni e delusioni. Però, c’è sempre un però, perché il derby è sempre il derby. Scomodare il 26 maggio è sbagliato: prima di tutto perché quella è stata LA partita, intoccabile in una teca che fa sempre bene al cuore e allo spirito andare a riguardare. Ma proprio perché si è trattato dell’unica finale Nazionale tra le regine del calcio romano, fa bene alla mente ricordare che non era campionato. E che l’ultima vittoria biancoceleste risale dunque al novembre del 2012: in panchina dall’altra parte c’era Zeman, una garanzia. Tre anni e mezzo dopo, qualcosa è cambiato. Le basi tecniche non inducono a uno straordinario ottimismo. Quelle del cuore, sempre, perché contro quelli là vorresti sempre scavalcare e metterti a giocare tu. Che poi meno male che non succede, per carità…
E così ci sembra di vedervi, nella calma apparente di oggi: auguri, ampi sorrisi e abbracci, tavole imbandite. Ma tra una sorpresa e l’altra, un cioccolato fondente e un al latte, il pensiero sempre lì va a finire. Come ammoniva Mandrake in “Febbre da Cavallo”: “A Gabriè, dall’uovo se fa presto a passa’ alla guerra atomica.” Alle uova pensiamoci oggi, per la guerra atomica c’è tempo una settimana. Ancora una settimana…
Fabio Belli