Almeno 37 persone, tra cui due kamikaze, sono morte e 125 sono rimaste ferite in una
TERZO ATTENTATO – Terzo attentato ad Ankara in meno di 5 mesi. Solo due giorni fa, l’ambasciata americana ad Ankara aveva inviato un messaggio di allerta ai suoi cittadini. Il nuovo attacco al cuore della capitale turca mette a nudo la fragilità di un “paese” che pare sotto assedio. Solo ad Ankara, è il terzo attentato suicida con decine di morti in 5 mesi. Le modalità di quest’ultima azione ricordano da vicino quelle dell’autobomba del 17 febbraio, che aveva causato 29 morti, prendendo di mira mezzi militari.
Durissimo il commento del Presidente della Repubblica Turca Erdogan: “Ancora più determinati nella lotta contro il terrorismo”. Poi in una nota precisa e spiega: “A seguito dell’instabilità nella regione, negli ultimi anni la Turchia è stata oggetto di attacchi terroristici”, senza indicare alcuna organizzazione specifica. Di fronte ad azioni che “minacciano l’integrità del nostro Paese”.
IPOTESI FIRMA CURDA – Dopo l’attacco di ottobre alla stazione di Ankara, attribuito dal governo all’Isis come quello del 12 gennaio a Istanbul, per l’autobomba del mese scorso le autorità avevano puntato il dito contro i curdi del Pkk attivi in Turchia e quelli siriani del Pyd, nonostante una successiva rivendicazione del gruppo estremista curdo Tak.
TENSIONE SU TUTTI I FRONTI – L’attacco avviene mentre la Turchia è impegnata in conflitti su diversi fronti, dentro e fuori i suoi confini. Nel sud-est del Paese, le operazioni contro il Pkk hanno causato in questi mesi centinaia di morti, con decine di coprifuochi in vigore per mesi nei centri urbani. Una guerra intestina che ha spinto i gruppi curdi più radicali, come appunto il Tak, a minacciare rappresaglie nel resto della Turchia. Il partito filo-curdo Hdp, presente in Parlamento, ha subito condannato l’attacco.