Vox populi vox Dei, Claudio Lotito. Questa antica locuzione latina vuole indicare che, quando il popolo è concorde nell’affermare una cosa, quella cosa corrisponde a verità. Sicuramente al presidente della Lazio non serve spiegarlo, visto con quanta competenza e disinvoltura sciorina frasi in latino. Ma oggi, più che mai, questa locuzione ha un significato maggiore nel mondo Lazio.
La voce del popolo laziale si è sempre fatta sentire, fiera e orgogliosa, ancor più forte in momenti che – usando un eufemismo – potremmo definire poco felici. Una voce che non è stata mai zittita, neanche dinanzi alle numerose angherie subite nel corso degli anni. Il nostro popolo ha fatto tesoro di tutte le difficoltà, uscendone sempre più forte. Giusto per ricordare i laziali hanno superato diversi momenti difficili: il calcio-scommesse, pesanti penalizzazioni, retrocessioni in B, una serie C sfiorata, società sull’orlo del fallimento e potremmo dilungarci oltre. Tali avversità avrebbe demolito qualsiasi tifoseria, ma non il popolo laziale che ne è sempre uscito rinforzato e ancora più unito. Il popolo laziale ha sempre mostrato al mondo intero quella “agguerrita” passione che tramandata di padre in figlio tiene in vita la Lazio. Sì, ha capito bene presidente, ciò che tiene in vita la Lazio è da sempre l’amore dei laziali per questi colori. Non è il bilancio in attivo, non è una coppa italia o l’acquisto di un pullman o di un palazzo. La Lazio vive grazie ai suoi tifosi e i tifosi vivono per la Lazio. Lei questo non lo capisce o non vuole capirlo: lo dicono i suoi atteggiamenti, i suoi 12 anni alla guida di questo club così prestigioso in passato, almeno fino al momento in cui lei non decise di rovinarlo. Lei sta togliendo tutto e non sta dando nulla. Giusto per citare qualcuna delle sue colpe: aver eliminato dalla dirigenza tutte le figure storiche del club, l’indolenza nel calciomercato (specie nelle sessioni invernali), il menefreghismo nei confronti dei tifosi (vedi alla voce trasferta a Varsavia). Ma soprattutto, la cosa più grave: lei ci ha tolto la libertà di sognare.
Oggi sono esattamente 7 anni da quando il presidente Ugo Longo ci ha lasciato… Una perdita che tutto il popolo biancoceleste ancora piange, perché quell’uomo è ricordato come un presidente vicino alla sua gente. Ugo Longo traghettò la società sportiva Lazio in uno dei momenti più difficili e delicati della sua storia ultracentenaria. Una persona umile e gentile, che ha sempre rispettato i tifosi: li ascoltava e ci parlava come se parlasse a un amico. Fece ritirare la maglia numero 12 perché sapeva che apparteneva metaforicamente alla CURVA NORD. Sì esatto, quella curva che lei puntualmente offende con i suoi plateali “vaffa…” o con altre parole e gesti poco eleganti. Ugo Longo, pur gestendo il club in un periodo difficile e avendo poche risorse a disposizione (per non dire nessuna) riuscì con la sua acclarata passione per la Lazio a raggruppare 42 mila persone e portarle allo stadio ogni domenica (record di abbonamenti sottoscritti dai laziali). Il compianto Longo regalò sicuramente meno trofei di quanti ne sono stati vinti con lei a capo della Lazio, ma ha regalato cose che al tifoso rimangono più impresse di un trofeo: PASSIONE, SENSO DI APPARTENENZA e SPERANZA. Valori a lei sconosciuti.
Si suol dire che una società è lo specchio di chi la gestisce e da 12 anni nella Lazio regna la mediocrità. A fare male ai laziali non è la media punti della squadra in campionato (media da ottavo posto dal 2004 ad oggi), non sono neanche i risultati sportivi, ma è l’assenza di amore per questo club e i suoi tifosi. Questa strafottenza ha pietrificato la squadra nella mediocrità generando angoscia in tutto il mondo Lazio. L’ambiente è depresso, lo sono i giocatori e l’allenatore. Ho visto laziali abbandonare lo stadio dopo 40 anni di abbonamenti, alcuni non seguono più la Lazio nemmeno in tv o la guardano in modo distaccato non provando nessuna emozione. E’ la stessa gente che fino a qualche mese o anno fa avrebbe dato la sua vita per proteggere quell’ideale chiamato Lazio e che probabilmente oggi non esiste più. Il popolo è sovrano e quando una “sparuta minoranza” si trasforma in “assoluta maggioranza”, non si può andare avanti con lo stesso atteggiamento. Ma a lei della contestazione, delle polemiche le interessa poco, come ammise alla cena di Natale con la squadra. Invece, per chi ha sempre amato andare allo stadio, vedere tutti quei seggiolini vuoti e quel silenzio tombale è un vero e proprio strazio. Quindi non si meravigli quando 50mila persone esprimono il loro pensiero gridando “LIBERA LA LAZIO”. Ma il laziale, stia sicuro, vincerà anche stavolta perché giocatori, avversità, presidenti, allenatori sono sempre passati. L’unico che è sempre rimasto al proprio posto a combattere per difendere i valori della nostra nobiltà capitolina è stato il laziale. Il tifoso vorrebbe soltanto tornare a sognare e con lei questo non accadrà mai. Non a caso tempo fa in Tevere apparve uno striscione piuttosto esplicativo: “Lotito ladro di sogni!”. Si ricordi, Vox populi, vox Dei...
Alessio Allegrucci