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A difesa della gente laziale!

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Allenatori, calciatori e tifosi. Chi più ne ha, più ne dia ai benpensanti nostrani, perché loro di certo sapranno come comportarsi. In questo mondo composto da incivili, l’unica categoria in grado di salvare il mondo del calcio, sembra essere quella dell’opinionista Tv che non perde mai occasione per dichiarare che certe cose nel calcio non le vorrebbe mai vedere. Ma andiamo con ordine, il caso nazionale di oggi è quello riguardante i 120 secondi di cori discriminatori dei tifosi della Lazio verso i napoletani:

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al 24’ della ripresa di Lazio-Napoli l’arbitro Irrati sospende per 2 minuti la gara, per i cori sul Vesuvio che giungono dagli spalti; contemporaneamente sempre da una parte della tifoseria biancoceleste arrivano anche gli ululati per Koulibaly. Ora, tutto questo non dovrebbe accadere, perché questa è maleducazione, cafonaggine ma non lo reputiamo razzismo. Chi lo fa non è razzista ma è spinto soltanto dall’intento di innervosire l’avversario, perché da sempre questa è la realtà del tifo italiano, che a volte magari travalica anche il limite del goliardico, ma reputare un gesto razzista ci sembra esagerato. Questo lo si può evincere anche dal fatto che il tifoso laziale non ne fa una questione nè di pelle nè di appartenenza territoriale, bensì dal fatto che ogni domenica lo stesso tifoso incita Onazi, esulta ai gol di Keita, batte le mani a Konko quando corre sulla fascia, e ancora oggi ha nel cuore un napoletano d.o.c. come Willy Stendardo.

Vogliamo solo ricordare a quei moralisti sempre pronti a sputare fango sul nostro modo di essere, e che oggi si sentono indignati per quanto accaduto, dove erano quando buona parte della tifoseria partenopea fischiava il minuto di silenzio dedicato a Giorgio Chinaglia.

Era il 7 aprile del 2012 e durante Lazio-Napoli, i fischi dei tifosi ospiti oltraggiarono la figura di un defunto, prima ancora  che di un simbolo della nostra gloriosa società sportiva. Quello che stava per diventare un minuto storicamente toccante per tutti i nostri tifosi, venne rovinato dai fischi della tifoseria campana. Nessuno ci venne in aiuto, nessuno s’indignò, nessuna squalifica per i tifosi del Napoli, e soltanto pochi presero parola a difesa dei famigliari del defunto che subirono il brutto spettacolo offerto dal settore ospiti. E’ la solita storia dei “due pesi due misure” che continua ormai da tempo immemore. Non possiamo avere soltanto un Giudice Sportivo che decida su tutto e menzioni tutti. Vorremmo capire perché sia da squalificare e censurare Sarri che urla “frocio” a Mancini, mentre è poco grave De Rossi che grida “Zingaro di merda” a Mandzukic. Sarebbe cosa gradita sapere perché è più grave un coro sul Vesuvio, uno contro un giocatore africano o dire “Gay” a qualcun altro, rispetto all’insulto verso i morti Paparelli e Chinaglia, o intonare un coro “Romano Bastardo”.  

CONOSCERE IL CONTESTO

C

onoscendo la realtà delle curve romane possiamo tranquillamente affermare che un coro per importunare la tifoseria avversaria è inteso come goliardia. I tifosi da sempre si rispondo per le rime, e il provincialismo è caratteristico della nostra nazione. Ci stanno bombardando con questa storia del razzismo  che secondo il nostro parere è anche un po’ esagerato e fuorviante. Nella curva della Lazio, storicamente di destra, e dove purtroppo ci sono stati anche casi non certo educativi e che non c’entrano nulla con lo sport, crediamo che non ci sia un problema legato a una cultura razzista. Vorremmo fra l’altro ricordare che per protesta i gruppi ultrà biancocelesti, stanno disertando gli spalti dell’impianto capitolino, e allora dobbiamo anche ammettere che chi ha fatto gli ululati, intonando cori che inneggiavano l’eruzione del Vesuvio, era un semplice spettatore senza retaggi di alcunché.

Se la Curva Nord fosse uno spaccato dove estirpare i razzisti ci sarebbero continui casi di disagio sociale legati a certe dinamiche, prima fra tutte l’acquisto di viveri verso i ragazzi di colore che in curva vendono cibo e bevande. Per non parlare poi del fatto che invece i nostri giocatori di origine afro, vengono invece supportati a più non posso.

Per tutti questi e altri ancora motivi, crediamo sia esagerato affibbiare all’ululato il sostantivo razzista. Ineducato. Da eliminare il prima possibile ma insieme a tutti gli altri tipi di offesa che si rivolgono costantemente negli stadi italiani. Dobbiamo impegnarci nel costruire una cultura dello sport, basata sul vero valore dell’agonismo, iniziando a guardare il casellario penale di chi gestisce lo sport in Italia. Il tifoso, soprattutto quello di curva, è solo l’anello debole di una catena molto strutturata e ramificata.

Noi vorremmo che ci fosse la squalifica per tutti i tipi di offesa. Allora sì che ci sarebbe equità e giustizia. Koulibaly dal canto suo, crediamo possa vivere tranquillamente con gli 800 mila euro all’anno che percepisce, nonostante qualche maleducato gli faccia il verso della scimmia.

Alessio Allegrucci

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