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TEMPI BELLI – Lazio & fenomenologia dei social network

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ire “te l’avevo detto” rende antipatici si sa. I saputelli e i perfettini non piacciono a nessuno, ed è dai tempi di Pinocchio che il Grillo Parlante viene immaginato da bambini di ogni generazione arrostito da un rutto flambé di Mangiafuoco.

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Eppure c’è una categoria di persone che è ancor più irritante. Peggio di quelli che effettivamente prevedono il futuro e poi te lo rinfacciano, ci sono quelli che non capiscono una mazza e poi spariscono. Nel nulla più completo, non li ritrovi per un confronto su quanto asserito in precedenza neppure a pagarli oro. L’esplosione di un mezzo di comunicazione come quello dei social network, in tutte le sue forme e derivazioni, ha rappresentato un megafono senza pari per soggetti che probabilmente cercano di anticipare una “mal parata”, come si dice a Roma. Ma se qualcuno ci ha insegnato che non può piovere per sempre, allora è più facile che un ricco entri nel regno dei cieli che uno di questi si palesi dopo un rigore parato da Berisha.

Scopriamo la fenomenologia dei social network dei laziali pessimisti.

  1. Il contestatore. Vive in funzione di Claudio Lotito, e ogni discussione viene portata verso l’argomento preferito: il lider maximo. La squadra perde? Colpa del mercato, perché Lotito… La squadra vince? Eh ma vedrai che Lotito… La squadra arriva terza? Mo’ Lotito deve pagare i premi… La squadra arriva ultima? E’ un piano di Lotito… L’aglio nella carbonara ci va? Lotito. E’ in realtà segretamente innamorato del presidente e finisce per essere un incubo anche in periodo di contestazione, perché la gente non ne può più di sentirne parlare. Ha fatto chiudere un paio di forum e una fiera del mobile per la sua monotematicità.
  2. Il twittatore compulsivo. Quando la Lazio perde sinapsi ed endorfine ballano il twist nella sua testa, e una serie concatenata di sventure può anche portarlo molto vicino ad una sensazione di piacere sessuale. Quando è attivo è consigliabile non aprire i propri profili social né da personal computer né da dispositivi mobili, per non essere inondati da una serie di status molto profondi ed estremamente articolati. “Che pena.” “Vergogna”. “Oddio”. “Tutti a casa”. “Addio”. “Lo sapevo”. “Uno scempio”. A volte il twittatore e il contestatore coincidono, in questo caso basta aggiungere la parola “Lotito” agli status. Se la Lazio vince, i suoi profili restano inattivi dai 15 ai 28 giorni (quando gli zombie, solitamente, riprendono vita).
  3. Il simpaticone. E’ quello che vuole accattivarsi le simpatie dei romanisti, in particolare le ragazze, cecione che girano in tuta giallorossa nei centri commerciali ma di sera si acchittano al Pigneto e le trovi al Cohouse a parlare della barba di De Rossi. Per stare in argomento ed agganciarle il simpaticone le attira sui social network con frasi, status e commenti denigratori sui giocatori della Lazio, ma sempre sull’allegrotto andante. Che se non fosse laziale pure lui, sarebbe una strategia da non sottovalutare. Fa a gara di nomignoli astrusi che non fanno ridere nessuno che non abbia nel cassetto un biglietto di Roma-Dundee o un pedalino usato di Batistoni: passa con disinvoltura dai “Filippa Anderson” ai “Paperisha”. A seconda dei like e dei retweet ricevuti, la “battutona” può essere reiterata fino all’inevitabile chiamata di disdetta verso il proprio operatore. Rispetto al contestatore e al twittatore la butta sul ridere e infatti solitamente porta fortuna. Solitamente si lagna della possibile cessione del giocatore che pigliava per il culo come se non ci fosse un domani fino a cinque minuti prima (vedi Anderson). Un rigore parato da Etrit può causargli la perdita dello scalpo.
  4. Il complottista. Solitamente tiene un santino di Michele Plastino nel portafoglio. E’ intimamente convinto che la Lazio perderà ogni partita, retrocederà in ogni campionato e che il sole sarà presto oscurato da un marshmallow gigante, ma te lo dice senza aggressività. I suoi status su Facebook sono articolatissimi, e riesce a spiegarti con certezza come il procuratore di Patric sia un rettiliano e perché la Lazio nei prossimi 15 anni prenderà solo terzini del Madagscar per compiacere Raiola. “Mediocrità” è la sua parola preferita. Anche lui sparisce quando le sue tesi si rivelano sballate, ma al contrario degli altri non vede l’ora di essere chiamato in causa per rigirare completamente la frittata dei suoi ragionamenti e spiegarti, comunque, che te l’aveva detto (rientra quindi funestamente anche tra i Grilli Parlanti).
  5. Il Konko fashion-victim. Per lui il povero Bubu è la spiegazione di tutti i mali del pianeta. Solitamente ne ricalca lo stile di vita, veste solo firmato e si fa visitare in Paideia per un giradito. Questa sua attitudine lo rende credibile quando dice di aver visto il terzino francese ad una sfilata o in incognito per una visita medica segreta. Grazie alla sua frenetica attività l’hashtag #Konko e sempre tra i primi 10 in TENDENZE MONDO assieme a Katy Perry, Di Caprio e gli One Direction, e nel Massachussets i teenager su Twitter passano il tempo a chiedersi chi c***o sia questo qui. Lo si può riconoscere facilmente perché col passare del tempo tende sempre più ad assomigliare fisicamente all’oggetto della sua ossessione. Per questo sembra che Konko si faccia visitare in Paideia 15 volte al giorno: in realtà sono tutti i Konko fashion-victim che si alternano alla gastroscopia dopo ogni vittoria biancoceleste.

(to be continued…)

Fabio Belli

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