Se sono laziale, lo devo al mi’ babbo. Non è la retorica del “Di padre in figlio“, che poi tanto retorica non è visto che è diventata una colonna dell’iconografia laziale. In fondo è stato il babbo a portare allo stadio molti di noi, a riempire di fascino quella squadra che, per chi laziale c’è diventato nel pieno degli anni ottanta, di fascino ne aveva pochino, a parte quello delle imprese pazze e impossibili che ai bambini in fondo piacciono.
L’unica cosa da sottolineare è che il mi’ babbo non lo chiamavo mica babbo. Non lo si chiamava babbo, quando si andava a vedere la Lazio c’erano tanti papà, come si dice a Roma. Il mi’ babbo, la tu’ mamma, queste strane locuzioni a otto anni cominciavi a sentirli quando la squadra viola veniva a giocare all’Olimpico. Quelli viola, così simili e così diversi dai romani. Sanguigni e impulsivi, ma anche un po’ più livorosi, amari. La battuta grassa e pacioccona di papà nostro contro quella tagliente e più velenosa di babbo loro. Meglio noi, è normale pensarlo in fondo: a otto anni come trentacinque.
“… della tu’ mamma!!!” quelli viola lo ripetono spesso. Ricordo una volta in particolare, loro segnarono (Orlando, mi pare), noi con Zoff in panchina rimontammo con Riedle e Ruben Sosa. O Ruben Sosa e Riedle, vado a braccio senza Wikipedia perché oggi è bello sforzare la memoria. Quella volta i babbi si incazzarono parecchio, era il 1991, e i papà intorno a noi ridevano. Le mamme erano invece citate ma poco presenti, oggi come 25 anni dopo. Solo che stavolta si giocava in casa loro e, al terzo gol, ne sono uscite fuori di tutti i colori.
Noi però che quelli viola abbiamo imparato a conoscerli benissimo, proprio perché tanto simili a noi e al tempo stesso così diversi, sappiamo bene che non è stato né Felipe a farli incazzare, né il buon vecchio Berisha (mortacci, altro che maremma…) a dargli false speranze. Chi li ha mandati fuori di testa è stato Milinkovic-Savic. Sergej al “Franchi“, nonostante fosse al primo gol in Serie A, c’era già stato. E forse aveva parlato col su’ babbo, che a furia di sentire babbo di qua, babbo di là, gli avrà detto in serbo stretto: “Ma quale babbo, non ti azzardare, io sono papà!”.
La differenza è tutta qua, un babbo che ha preferito essere papà, e una linguaccia di fuori. Alla tu’ mamma, ovviamente.
Fabio Belli