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TEMPI BELLI – I paladini della ricrescita vs. i Tempi Bulli



Proteggimi perché io sono uno di quelli, che se a calcio sbaglia il primo pallone, butta via tutta la stagione e non si riprende più.Tommaso Paradiso, cantautore e leader di una delle band emergenti del momento, i Thegiornalisti, non poteva che essere laziale. Quante volte abbiamo visto la Lazio buttare via un pallone e mandare a ramengo una partita, sbagliare l’appuntamento di inizio anno (Leverkusen, i suppose…) e portarsi la croce per tutta la stagione.

Ieri quelli bravi con le statistiche avevano detto, inforcando gli occhiali e sputazzando briciole di merendina da nerd: “Attenzione perché nel primo quarto d’ora il Bologna è la squadra che ha segnato più gol in Serie A e la Lazio è quella che ne ha subiti di più.” Figuriamoci se uno si fa influenzare da questi secchioni del football con la zeppola: piuttosto, dateci i soldi del pranzo!

Ma visto che questa rubrica si chiama Tempi Belli e non Tempi Bulli, diciotto minuti e Giaccherini e Destro avevano già dimostrato come seguire l’account Twitter di OptaPaolo fosse un buon investimento. E niente, Pioli c’è cascato ancora: buttato via il primo pallone, buttata via la partita? Veniva da pensare di sì, anche alla luce della modesta esibizione contro il Carpi capitata proprio nel mezzo delle esaltanti vittorie di Milano e Firenze.

Stefanone Pioli nostro, però, da bravo secchione, sa che i numeri sono variabili impazzite: possono essere portati a proprio vantaggio, se solo si ha la forza di reagire. Ma nel girone d’andata quando mai la Lazio aveva saputo rialzare la testa una volta finita sott’acqua? A Verona, giusto, ma è stata una partita che aveva quasi il sapore dell’eccezione che conferma la regola. E invece ieri il mister ha visto la sua squadra buttare via sì il primo pallone, ma riprendersi come non aveva fatto mai.

Non c’è ricrescita“, avevano sentenziato invece i Bulli dall’altra parte, con quell’umorismo che spesso li contraddistingue. Morti, mutilazioni, incidenti aerei, tutto fa brodo se ci si può tirare su una canzoncina o uno striscione. Ma certi paladini la ricrescita ce l’hanno nel sangue, i gol pesanti anche. E Lulic, che quando la lancetta dell’orologio arriva intorno al settanta diventa un licantropo, chiude una rimonta propiziata da un crucco magico che, quando meno te l’aspetti, torna ad essere quello che era sempre stato.

Noi che siamo cinici e bari, ve lo diciamo senza mezzi termini. Le dita non ricrescono, al massimo si riattaccano. Come certe partite che però sembrano scritte da un destino più cinico e baro di noi. E così la ricrescita diventa uno stato mentale. Da quella di Lulic, con le mani a posto e i piedi, si è visto, ancora di più, a quella di Radu, ad esempio. Non quella dei capelli, sia chiaro, di cui il romeno potrebbe pure essere validissimo testimonial. Ma quella atletica, fisica, della concentrazione. La stessa di Miro Klose, per intenderci. Lulic, Radu, Klose, tutti elementi che della Lazio hanno fatto i Tempi Belli. Per loro c’è ricrescita, invece per gli altri, i Bulli, niente rivincita. Mai.

Fabio Belli

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